venerdì 30 dicembre 2011

2011...i giorni più belli

Questo è sicuramente il mo ultimo post dell'anno... un anno molto strano.
Sono stata molto molto felice in certi periodi, altre volte mi sono lasciata prendere dallo scoramento, in altri dalla ribellione, in altri dall'abulia.
Dovendo fare un grafico sarebbe molto discontinuo... ma è la vita, bella proprio perché non lineare: sembra sempre di essere in un ottovolante.
La primavera è stata indimenticabile... fin dal primo giorno, tiepido e colorato di libertà, che ricordo con grande nitidezza.
Quest'anno ho avuto la fortuna di partecipare ad avvenimenti di diverso genere (tutte le splendide iniziative della Pegasus, primo tra tutti il Concorso di Cattolica,  poi il Mystfest, la fiera dell'editoria abruzzese, I racconti nella rete...) ma in questi giorni ho negli occhi la giornata  dedicata alla mia adorata poetessa EBB (Elizabeth Barrett Browning).
.
E' stato talmente emozionante ripercorrere le sue tracce, respirare la sua aria, le sue emozioni, per ritrovarmi ad accarezzare le sue mani intrecciate con quelle di Robert nella splendida Casa Guidi di Firenze..
Difficile da spiegare.

Proprio a Firenze, una mattina d'aprile, di nascosto, ho scritto una poesia che non ho mai pubblicato né fatto leggere a nessuno, ispirata a Elizabeth e Robert, se per un giorno si fossero incarnati dentro i corpi di esseri umani del nostro tempo... Un giorno perfetto.
Chissà che non sia successo veramente, sia pure per un giorno delle loro vite...
Per un giorno solo, probabilmente. Ma che importa?
Volevo leggerla a Firenze, il 29 giugno, durante l'iniziativa delle Poetesse d'Italia,  ma non ne ho avuto il coraggio.

Il mio augurio è di tornare felice come ero quel giorno.
Magari in modo diverso, perché ogni momento di felicità è come un prezioso cristallo che guai se fosse identico a un altro.

E auguro a me stessa di ritrovare il coraggio di andarmela a riprendere, ovunque si trovi, in qualunque luogo, in ogni occasione che la vita mi offre, in ogni anfratto del tempo e dello spazio.
Con il coraggio di esternare i sentimenti  e le passioni, con la forza vitale  della mia amatissima Elizabeth, che non aveva mai paura di essere se stessa. E di non frenare mai sentimenti, passioni, parole... come capita a me e a tutti.



E anche per voi, giusynauti... il mio augurio è quello di sconfiggere le paure e di trovare coraggio.
Di lasciarsi il passato alle spalle, dopo averlo affrontato, senza rinnegarlo.
Di vivere pienamente il presente senza risparmiare energie.
Di pensare il futuro come un altrove che diventerà la nostra terra promessa.
Di trovare sempre il coraggio di vivere, di affrontare ogni sfida, di guardare in faccia la verità e di mostrarla a tutti, di inseguire se stessi anche quando sembra di essere persi in un labirinto senza fine.
Di accogliere il nuovo, quando lo merita. Di non fare troppi calcoli, perché a farne troppi poi si finisce a ridurre la propria vita un freddo bilancio bancario.
Di non essere troppo ordinati o troppo coerenti. La vita non è un archivio perfetto o un sillogismo aristotelico.
Di andare oltre alle apparenze, oltre la logica, oltre le convenzioni... senza mai perdere nessuna parte di noi.
Di non permettere a nessuno di toglierci nemmeno una parte della nostra identità.

A nessuno.


Di avere tanti giorni perfetti, anche se non è possibile... allora per il 2012 ve ne auguro almeno uno.
A volte basta per tutta una vita. Buon 2012!



Il giorno perfetto


E’ il giorno perfetto.
Chissà quanto durerà?
Due vite di sicuro,
le nostre.

Non avrò più pietà
della farfalla
per la sua breve esistenza
in cui cresce, ama e vola
e intinge la sua anima
nei colori dell’universo,
bevendone tutto il nettare.

Chissenefrega
se domani morirà…

Non importa più
 nemmeno a me,
persa con te
in questa bolla di felicità,
tanto grande
da imprigionare il tempo.

GCP






















A tutti  auguro un 2012  in cui abbiate una mano, o tante mani, con cui intrecciare le vostre vite, i vostri dolori,ma sopratttutto le vostre gioie.
Ciao...

domenica 25 dicembre 2011

Buon Natale!

Cari amici, cari Giusynauti ;),
per festeggiare il Natale sono andata a tirar fuori un mio vecchissimo racconto, molto ingenuo e acerbo, scritto per i bambini, che riporta i ricordi del mio Natale di ragazzina..
E' la storia del mio presepio, di cui andavo orgogliosissima, e dei miei angioletti, che conservo ancora tra i miei tesori più preziosi. Spero di non annoiarvi e ve lo ripropongo...
Buon Natale!




 UN PRESEPE , UN NATALE

La neve artificiale, fatta con la farina, imbiancava le montagne del presepe. I tre Re Magi sui loro sontuosi cammelli percorrevano la prateria verde piena di muschio, nascondendo nelle bisacce oro, incenso e mirra.
Carlotta, ventitré chili di vivacità e dolcezza, sapeva che il presepe va costruito con passione, che ci vuole del tempo per renderlo davvero speciale. Ma soprattutto che bisogna farlo con tanto amore, altrimenti non potrà mai incominciare la grande magia del presepe di Natale.
Prima di tutto il cielo stellato, le aveva insegnato la nonna. Un cielo né troppo chiaro, né troppo buio. Luminoso e pieno di stelle, come è il cielo in campagna a mezzanotte. Bisogna incollarlo a un cartone, come uno scenario. E poi bisogna costruire le fondamenta, con tanta pazienza : stendere qualche vecchio giornale in terra, appoggiarci la carta verde, non quella liscia, altrimenti le pecorelle scivolerebbero a gambe all’aria come su un pavimento di cera. Ci vuole il terreno da presepe, che si vende a metratura, aspro e graffiante come la carta vetrata.
Carlotta era diventata grande, e quell’anno aveva avuto l’onore di deporre la Capanna. L’aveva sollevata dalla scatola degli addobbi di Natale con solennità e, seria seria, l’aveva deposta al solito posto, nell’angolino sinistro della prateria.
Ma le montagne, quelle no, non era abbastanza  adulta per crearle. Ci voleva la fantasia e la grande maestria della mamma.
Carlotta, a bocca aperta, vedeva la mamma accartocciare la carta striata verde e marrone, stringerla forte tra le mani fino a farla diventare uno straccio e poi, come per incanto la carta, lasciata andare, era diventata un susseguirsi di cime tonde o appuntite e di piccoli calanchi. La mamma sistemava la montagna più grande dietro la Capanna, la bombava un po’ per renderla maestosa, poi faceva digradare i rilievi.
Carlotta  aveva sistemato la piccola città che le aveva regalato il nonno proprio dove le montagne stavano per giungere in pianura, poi aveva posato il ponticello, sempre più smozzicato dal tempo. La nonna aveva tagliato un pezzetto di carta d’alluminio per ricoprire i dolci e lo aveva trasformato in un laghetto da mettere sotto il ponte e dove mettere subito gli anatroccoli e i piccoli cigni, che erano appartenuti alla mamma da bambina.
La bambina si era sentita come il Signore nei giorni della Creazione. Tutto era pronto : le stelle, la terra, l’acqua, le montagne... mancavano solo gli esseri viventi. Da dove cominciare ? Carlotta lo sapeva : era lei adesso che era investita dell’onore di sistemare le statuine e sentiva un grande senso di responsabilità.
Il primo ad entrare era sempre l’asino, grigio e bruttino, ma già pronto a scaldare il Bambinello, insieme al bue, che Carlotta sistemò subito dopo. Ed ecco Gesù Bambino, tenero e bellissimo  nella mangiatoia gialla, con gli occhi vispi quasi come i suoi, che sembravano guardarla e ammonirla. - Sarò buona Gesù Bambino, te lo prometto, giurava Carlotta deponendolo nella Capanna. E poi la Madonnina, a braccia aperte, con il sorriso dolce e il manto azzurro. E il buon Giuseppe, vestito di marrone, con una lucerna in mano ed il bastone.
Il più era fatto, oramai. I Re Magi bisognava farli partire dal fondo, perché dovevano arrivare solo il giorno dell’Epifania, meglio metterli vicino alla palma. E gli altri ? Il pastore biondo ricciolino, doveva essere il primo ad arrivare da Gesù, seguito dalle sue pecorelle e dagli altri pastori con i loro greggi. Carlotta si ostinava a voler mettere le pecorelle anche sul ponticello, ben sapendo che era così sconnesso che ogni tanto se ne cadevano in acqua con gli anatroccoli.
E poi il vecchietto delle caldarroste, il fornaio, l’arrotino, la vecchietta che filava la lana, i viandanti sul somarello, i due bevitori che brindavano alle porte della città, la donnina che portava in dono la frutta, quella che reggeva l’anfora sulla testa... In men che non si dica le quaranta statuette che da generazioni si erano accumulate nella scatola del presepe avevano trovato il loro posto, sempre lo stesso, quasi loro stesse indicassero alla mano di Carlotta o di sua madre dove volevano essere appoggiate.
La nonna aveva messo il muschio sul terreno. La mamma era andata in cucina e le aveva consegnato uno scolino pieno di farina, con cui doveva imbiancare il presepe.
Era la cosa che Carlotta amava di più. Poggiava la manina sui buchini avanti e indietro ed ecco scendere la neve sulle case, sulle cime dei rilievi, sulla povera Capanna, persino sulla palma e sulle teste dei Re Magi, rendendo il paesaggio fiabesco e soprannaturale.
Si era stiracchiata, era già un ora che stavano lavorando !
Ma mancavano le sue statuine preferite, i suoi angioletti. Quello azzurro lo aveva chiamato Gabriele, quello rosa Raffaele, come gli arcangeli. Avevano le stesse faccine che erano scolpite sulla sua catenina del battesimo. Erano gli angeli di Raffaello, le aveva spiegato la mamma ; erano veramente belli e adorabili, con le ali dorate, e portavano nelle mani una stoffa bianca con scritto .
La posa degli angeli era il momento più buffo per Carlotta, perché bisognava sistemare Gabriele e Raffaele in modo che sovrastassero la Capanna, ma non era possibile usare fili o incollarli da qualche parte, così ci voleva un trucco magico.
All’ingresso della Capanna c’era un piccolo albero inaridito, senza foglie, con solo qualche rametto. Carlotta aveva imparato dalla mamma a mettere il povero Gabriele in bilico, incastrato nel piccolo intrico dell’albero. Un piedino nudo appoggiato su un rametto, la manina al tronco. Doveva cascare cinque o sei volte prima che riuscisse a rimanere stabile e miracolosamemente sospeso nell’aria. Raffaele dava meno problemi e si accontentava di appoggiarsi ad un calanco della montagna.
Quando Carlotta , alla fine, posava sul tetto della Capanna la stella cometa, la nonna le  diceva - Brava !- e lei si sedeva per terra ipnotizzata dal suo piccolo capolavoro.
Carlotta guardava e guardava. Ogni tanto le sembrava di entrare nel bellissimo mondo che aveva creato e a volte parlava al vecchietto delle caldarroste, per chiedergli se c’era veramente tanto freddo e se il fuoco lo scaldava a sufficienza. Il caldarrostaio le era grato per l’interesse : nessuno lo teneva in considerazione, brutto e vecchio com’era e per ringraziarla le aveva regalato una castagna che si era mangiata di nascosto dalla mamma.
Al bel pifferaio aveva dichiarato il suo amore e lui aveva zufolato per lei tutte le sue più belle melodie. Una volta aveva un po’ stonato e le pecorelle del bel ricciolino erano cadute nel lago per lo spavento, ma Carlotta le aveva salvate.
La signora con l’anfora le aveva fatto assaggiare il suo vino e i due bevitori le avevano raccontato una barzelletta. - Siamo qui da tanti anni- le avevano detto. - Se non ci si fa quattro risate...-
I Re Magi erano un po’ scorbutici, ma si sa, erano dei nobili e poi erano quelli che si dovevano spostare di più, attraversare tutta la prateria, sgomitare tra le pecore e gli altri pellegrini per arrivare da Gesù.
Di Gesù , di sua mamma e di suo papà, aveva un po’ soggezione e non parlava mai con loro. Gabriele, invece era un chiacchierone e si lamentava di essere costretto a fare l’equilibrista. Un giorno l’aveva portata a fare un bellissimo giro appoggiata sulle sue ali e da lassù aveva salutato tutti, anche la Madonnina che le aveva rivolto un cenno gentile con la mano.
Il giorno di Natale si faceva coraggio e, mettendosi in coda, dietro gli altri, andava da Gesù Bambino e gli baciava un piedino.
- Carlotta- gli diceva la Madonnina - qualunque cosa succeda, non ci dimenticare mai, non scordarti mai di farci entrare nella tua casa.
Ma erano venuti anni bui e tutti, Gabriele, il ricciolino, il bue erano rimasti in soffitta chiusi nella scatola, anno dopo anno.
Ma un giorno tornò il sole e Carlotta, sessanta chili di vivacità e di dolcezza, riaprì la scatola.
Gabriele le volò attorno arrabbiato e le disse che si doveva consultare con gli altri per decidere se perdonarla di essersi dimenticata di loro.
Il consulto durò parecchio e Carlotta temette di non potere più avere il dono della compagnia dei suoi amici. L’amicizia va coltivata, non può essere rovinata dall’oblio e dalle vicende della vita.
Versò una piccola lacrima che cadde - Pluff !- sul piedino del Bambinello.
Quando si asciugò gli occhi vide che il presepe si era creato da solo, uguale a come l’aveva sempre fatto. O forse era stata lei a farlo ancora una volta, con una tale disinvoltura e rapidità che sembrava si costruisse da solo.
- Bentrovata Carlotta - dissero in coro Gabriele e Raffaele, mentre dalle lacrime di lei sorgeva, come un alba dopo una notte buia, il suo più bel sorriso. - Buon Natale ! - rispose.

GCP, tanti anni fa






giovedì 8 dicembre 2011

Il cielo cambia e porta con sé chi lo guarda...


Erano mesi che non vedevo le scie nel cielo. A me piacciono tanto. 
Si sono date appuntamento tutte insieme sopra la mia casa, stamattina.
Così i miei pensieri sono volati lontano, forse troppo lontano... ma è lo stesso. 
Non posso frenarli. Nessuno può farlo, credo. 
Io a volte ci provo, ci provo con tenacia.
Ma basta un mattino così e riappaiono, mio malgrado.
Così li ho ascoltati e hanno cantato per me. E forse non solo per me...  
Forse anche per chi li "sentiva" o forse li "sente" ancora, ovunque si trovi, chiunque sia ora.
Ma chi lo sa... chissà chi viene qua a cercarmi...a cercarmi so far away...


E il cielo mi ha raccontato questa poesia... che ho scritto tanto tempo fa ma che dedico alle mie scie di oggi, a quelle di ieri e a quelle di domani:

Il cielo cambia in continuazione
Come un caleidoscopio
Stracci bianchi disegnano
Sempre nuovi scenari
E volgendo lo sguardo
In alto
Sembra di essere sempre

In un luogo diverso
In un tempo diverso

Sopra di noi
Si creano infinite combinazioni
E pezzi combacianti
si connettono
In un preciso momento
Chissà per quale scopo.

Un cielo diverso
per emozioni diverse.

Chissà qual è il tuo adesso
e con chi lo stai guardando

Mi sembra ieri 
Quando lo guardavamo
Insieme

Ma il cielo cambia
E porta con sé chi lo guarda.


GCP


lunedì 5 dicembre 2011

UNA PURA FORMALITA' - 6 DICEMBRE IN BIBLIOTECA


Anche quest'anno sono ospite della rassegna della Biblioteca Passerini-Landi "Un film da raccontare". Domani 6 dicembre alle ore 16 in Saletta Balsamo.
Stavolta ho scelto un film... che forse ho visto solo io, ma che ritengo personalmente un capolavoro.
La sceneggiatura che avrei voluto scrivere. Un film onirico, metafisico, di grande spessore umano e psicologico.
Un non luogo, una straniante stazione di polizia in non si sa quale città o nazione, e i protagonisti, quasi sempre in scena: lo scrittore Onoff ( il grandissimo Gérard Dépardieu),  in crisi creativa da anni, che vive in un antico casale (il Casale della Corona) perso in un bosco, lontano dal mondo, accusato di un omicidio ( ma il cadavere non si trova) e il commissario senza nome (un incredibile  e sempre luciferino Roman Polanski in versione attoriale). Sergio Rubini, che interpreta un appuntato, scrive in continuazione un verbale che forse nessuno leggera mai.
E dal tetto della stazione piove, piove, piove...in una notta infinita e angosciante... mentre Onoff insegue i ricordi del giorno prima senza riuscirci, giocando a scacchi con il commissario che,  ironia della sorte, ha letto tutti i suoi libri. E glieli cita in continuazione.
Un climax kafkiano che porta ad un finale a sorpresa, metafisico a angosciante.
Ma chi è davvero Onoff? Come si chiama davvero? E cosa ha fatto?

Depardieu e Polanski ( giganteschi, nella loro interpretazione!)  come Raskolnikov e Porfirii in Delitto e Castigo.
Ma c'è molto di più. Un uomo che si è smarrito... e si ritroverà. Ma DOVE? In quale dimensione?



e chi ha scritto veramente  il suo capolavoro, proprio quando aveva rinunciato a scrivere?



E perché non vuole ricordare? Perché scappa dal mondo...
Ma soprattutto: CHI HA UCCISO?

Un giallo in cui c'è l'assassino ma non la vittima. O forse sono la stessa persona..

E se il morto fosse proprio Onoff!!!

Che sia proprio questo il limbo?  Il Confine. Il luogo dove invece di bere le acque del Lete si bevono quella della Memoria. E la Memoria è Morte o Vita? O forse è solo il ritratto della nostra anima dove convivono accusatori e accusati, o semplici testimoni...

Venitemi a sentire, se volete.

Bellissima la colonna sonora di Morricone, testo di Tornatore, cantata dallo stesso Depardieu.


“Ricordare, ricordare è come un po' morire. Tu adesso lo sai, perché tutto ritorna anche se non vuoi! E scordare, e scordare è più difficile. Ora sai che è più difficile, se vuoi ricominciare. Ricordare, ricordare è come un tuffo in fondo al mare. Ricordare, ricordare quel che c'è da cancellare. E scordare, e scordare... è che perdi cose care. E scordare, e scordare... finiranno gioie rare.



Alcune parole di Onoff, che mi hanno colpito particolarmente ( e chissà perché...)

“sono condannato a scrivere.... perchè quando scrivo è come se bevessi" ...” (Idem)

“si scrive perché non si sa fare altro” ( beh, io non sono sicura di saper fare nemmeno quello ma ci provo)

“Non bisognerebbe mai incontrare i propri miti. Visti da vicino ti accorgi che hanno i foruncoli.Rischi di scoprire che le grandi opere che ti hanno fatto sognare tanto le hanno pensate stando seduti sul cesso, aspettando una scarica di diarrea!"  ( gli scrittori possono essere molto deludenti, me compresa...ammesso che possa definirmi tale)

“Due rette parallele non si incontrano mai. Tuttavia, è possibile immaginare l'esistenza di un punto così lontano nello spazio, ma così lontano nell'infinito, da poter credere e ammettere che le due rette vi si incontrino. Ecco! Chiameremo quel punto, PUNTO IMPROPRIO.” ( questa non è una definizione matematica, ma una vera e propria poesia...)

Grandissimi i doppiatori: Corrado Pani ( Depardieu) e Gullotta che (Polanski).



Nebbia



Nebbia a Piacenza, nel Viale delle Mura, il Facsal


Sembra di essere in una terra di nessuno
quando figure e cose svaporeggiano
nella Nebbia

Non c'è destinazione, né ritorno
anime vaghe si dilatano senza confini
confondendosi con il nulla.

E nulla questa nebbia ti fa sentire.
tra figure indistinte,
 volti senza lineamenti
già spiriti sulla terra
voci afone nel silenzio.

E così è la vita mia
 tra fantasmi
che appaiono e riappaiono
tra sporadici e sbiaditi
sussulti di realtà

GCP


                                                   Albero nebbioso dalla mia finestra




mercoledì 30 novembre 2011

RECENSIONE DI MOTO A LUOGO SUL PERIODICO PARMA QUI


Le allucinazioni certe volte diventano realtà
e viceversa le visioni reali sembrano
nel ricordo allucinazioni.


Questa è una delle cinquanta liriche raccolte nella silloge "Moto a luogo", edita da Lir edizioni. Giusi Càfari Pànico, poetessa e scrittrice piacentina, è vincitrice di diversi premi letterari nazionali e internazionali.

“Moto a luogo” è un’opera in grado di interpretare con acume tutte quelle emozioni e contrapposizioni che ogni animo umano sensibile sente nel proprio intimo in questa controversa società contemporanea. Già il titolo del volume racchiude in sé non solo tutte le problematiche e le contraddizioni legate al peculiare momento storico che stiamo vivendo, ma riassume anche l’importante concetto di quella “società liquida” introdotto dal geniale sociologo contemporaneo Zygmunt Bauman. Con spirito “Pirandelliano”, l’autrice punta dritto il dito verso la maschera che ogni individuo porta. Inoltre parla del bisogno di luce e di amore, estrinseca la sensazione di bilico tra il desiderio di trionfare e la rassegnazione di arrendersi, tra la paura di invecchiare e il timore di crescere.

Queste sono solo alcune riflessioni/emozioni che la scrittrice regala attraverso le rime di una piacevole ma al tempo stesso profonda lettura poetica. Il volume è un lavoro di pregevole fattura tecnica, ma anche di notevole carica emotiva. Se volessimo con una semplice frase compendiare il libro utilizzeremmo la celebre espressione di Ugo Foscolo:

Quello spirto guerriero che dentro mi rugge
Giusy Càfari Pànico accompagna il lettore sul dorso di una farfalla, ma riesce anche a far ascoltare il ruggito di quel leone che è dentro ognuno di noi.

Enza Iozzia

Presente anche sul sito www.sololibri.net


martedì 29 novembre 2011

Il primo libro di Federico Puorro, il "Volattore"



Sono felice di annunciare a tutti gli amici che mi leggono la presentazione del primo libro del mio caro amico e compagno di volo "Federico Puorro" dal titolo "Il cliente ha sempre la…ragione?” Sottotitolo “Manuale semiserio di sopravvivenza per operatori del settore alimentare” (LIR edizioni)

Un libro umoristico, in parte autobiografico, che esprime il talento e l’ironia dell’autore. Una raccolta di monologhi editi e non di cabaret.

Un modo per conoscere non solo lo scrittore, ma anche l’artista che festeggia proprio quest’anno i ventun anni di attività sul palco come clown, attore e comico.

E che da ventun anni lavora in un luogo in cui può osservare da vicino l’umanità.

Ma per saperne di più venite alla sua presentazione. Sabato 3 dicembre 2011 alla lIbreira Romagnosi di Piacenza alle ore 17 e 30.

A festeggiarlo ci saremo tutti noi Volatori Rapidi.

Preparatevi a sorridere con intelligenza e a scoprire un uomo e un artista di grande spessore artistico e umano.

Per maggiori informazioni cliccate su http://volatorirapidi.wordpress.com

martedì 22 novembre 2011

I Am a Rock - Simon & Garfunkel Lyrics



I have my books and my poetry to protect me...

Quando ero teenager questa era la canzone che accompagnava i miei momenti solitari.
Ogni volta pensavo che fosse scritta per me. O per Emily Dickinson.
Per tutte le persone per cui un buon libro è l'amico che ti è sempre vicino, che non ti lascia mai solo.
Che a volte è l'unico conforto assieme all'abitudine di scrivere poesie...
Leggete questo bellissimo testo...vale più di mille discorsi.

Penso da sempre che i veri, forse gli unici, poeti degli ultimi cinquant'anni siano gli autori di testi di canzoni. Tutti noi altri? Mah... Di sicuro abbiamo una marcia in meno e arriviamo con meno autenticità al cuore della gente.

Questa canzone è una poesia che ancora adesso sento profondamente mia, nei miei momenti solitari e malinconici (chi non ne ha?) e ancora oggi ringrazio Paul Simon di averla scritta,
Per me, per noi: anime fragili, solitarie, assorte nei loro pensieri negli oscuri giorni dell'inverno.


Sono una roccia


Un giorno d’inverno
In un profondo e scuro dicembre
Io sono sola
Osservando dalla finestra
Le strade sottostanti
Ricoperte da un fresco silenzioso manto di neve

Sono una roccia
Sono un’isola

Ho costruito mura
Una fortezza alta e potente
Che nessuno può penetrare
Non ho alcun bisogno di amicizia
L’amicizia può causare dolore
La sua allegria e la sua piacevolezza io disdegno.

Sono una roccia
Sono un’isola

Non parlare d’amore
Vero, ho già sentito questa parola prima
Sonnecchia nella mia memoria
Non voglio disturbare il riposo
Di sentimenti che sono morti
Se io non avessi mai amato
Non avrei mai pianto

Sono una roccia
Sono un’isola

Ho i miei libri
E la mia poesia per proteggermi
Sono chiusa nella mia armatura
Nascosta nella mia stanza
Sicura nel mio utero
Non tocco nessuno e nessuno può toccare me

Sono una roccia
Sono un’isola

E una roccia non prova dolore
E un'isola non piange mai.

martedì 15 novembre 2011

Sono solo qui

Per tutti quelli che vedono la mia pagina su facebook non aggiornata.
Tranquilli, non sono in Patagonia o nella foresta Amazzonica.
Sono sempre qui nel solito posto.
E' che mi sto disintossicando da facebook. Se troverò il coraggio tra un paio di mesi mi cancellerò.
Non prima di essermi segnato tutte le mail delle persone che vale la pena conservare. Non più di un dieci per cento scarso.
Ho già tolto 1500 persone dalla mia lista di amici.
Ultimamente ho perso la password per entrare. Era memorizzata automaticamente come "modulo", già salvata ed era piuttosto complessa. Mi è scomparso l'automatismo e il sistema la richiede ma io l'ho dimenticata. Così non accedo neanche più.
Prima o poi ne chiederò un'altra, ma adesso non mi sento.
Le persone che tengono a me sono sempre le solite che ogni tanto sento per telefono o che vedo, tuttalpiù che mi mandano una mail.
Le altre sono fantasmi di cui posso fare benissimo a meno.
Per chi è interessato a quello che faccio c'è il mio blogettino rosa, proprio questo qui, che scrivo senza rileggere.
Chi mi vuole contattare senza spendere troppo in bollette mi trova su skype.
Tutto qui.

Mi trovate qui, via mail, per telefono...e dal vivo, ancora meglio.

sabato 5 novembre 2011

Il giorno della marmotta



Pensavo... forse penso troppo ultimamente... al film ricomincio da capo.
La trama è semplice e complessa allo stesso tempo. Il protagonista, Bill Murray, si ritrova a vivere in continuazione lo stesso giorno: il 2 febbraio, quello che nella sua contea americana è celebrato come il "giorno della marmotta". Tutte le notti si addormenta e al risveglio scopre che la giornata ricomincia esattamente come prima. All'infinito,come se si trovasse imprigionato in una bolla temporale. Ogni giorno cerca disperatamente una variante, un modo per riuscire a svegliarsi DOMANI, ma l'indomani è sempre il solito, identico OGGI, che ricomincia sempre nello stesso modo.

Mamma mia, ho la stessa sensazione ultimamente...
Come se dopo un sogno, un sogno strano e insolito, mi fosse ritrovata e vivessi continuamente dentro il giorno della marmotta. Quello che avevo interrotto sognando.

Stesso luoghi, persone, avvenimenti, situazioni. E desideri bloccati, talmente bloccati da sembrare impossibili.
Mi sembra addirittura di essere tornata indietro di tre o quattro anni. Impressionante.
Anche perché so già come vanno a finire i giorni delle marmotte. E come ricominciano.

Allora mi chiedo. Ma perché?
E visto che i blog sono autoreferenziali mi rispondo pure.
Forse è un po' come la reincarnazione. Ovvero: se uno non "aggiusta" le cose che non vanno, se uno continua a ripetere gli stessi errori, le stesse scelte che non lo fanno evolvere, queste si ripresentano in continuazione.
E' la legge del Karma, solo che non bisogna aspettare la prossima vita per riaffrontare tutte le situazoni irrisolte, ma di vita ne basta una. Si tende a ripetere sempre gli stessi errori, a non chiarire le cose, ad adagiarsi senza risolverle.

Come fare per rompere il circolo vizioso, l'eterna ripetizione?
Creare discontinuità, come fa il protagonista sembrerebbe un buon sistema, ma sono solo diversivi per ingannare il "Tempo" o forse solo se stessi.
Non è sufficiente. Non serve neppure suicidarsi ( parlo sempre metaforicamente). Come fa allora Bill Murray?
E come farà a conquistare la bella Andy Mc Dowell, che rivede tutti i giorni nella stessa situazione, senza successo?

Ama. Ama e basta. Senza tediarla. Senza correrle dietro.
Occupa ogni giorno che è costretto a ripetere "coltivando il suo giardino interiore".
Impara un sacco di cose: diventa un musicista, uno scultore e soprattutto impara a non essere egoista, a fare del bene gratuito agli altri ( salva un bambino caduto da un albero, un vecchietto che si sta strozzando con un boccone - va apposta ad un corso di pronto intervento - , aiuta le vecchiette a cambiare le gomme bucate).
Diventa UNA PERSONA MIGLIORE. Una persona bella. E tutti, anche Andy Mc Dowell, non possono che amarlo.Anche perché lui passa tempo a studiarla, a capire cosa prova, cosa pensa, cosa può renderla felice. Si preoccupa per lei. Coltiva il suo affetto per lei.
E nel momento in cui lui riesce a conquistare la sua amata senza pensare al futuro, senza paura, godendo del momento... magicamente la notte successiva diventa il DOMANI,

Non è bellissimo?

Questo film me l'ha suggerito la mia amica H., una persona che non sento da tanto. Le ho chiesto perché è sparita. Mi ha risposto che ha paura: è stata proprio lei che mi ha parlato del giorno della marmotta. Pensa al futuro con pessimismo, ha paura di soffire, pare che non voglia sentire e sapere nulla di nessuno, e ha perso fiducia in tutti, per prima in se stessa.

Volevo dirle che ha la forza per interrompere il giorno della marmotta e per far scorrere il suo amore, la sua vera essenza. Rompere l'inelluttabilità del suo destino. Diventare una persona migliore. Prendersi cura di sé e degli altri. E pazienza se non conquisterà la persona del cuore.
Intanto lei avrà creato un bel giardino dove sostare e ristorarsi. Per chi vorrà farlo. Se riuscirà.

<

Tutti possiamo uscire dal giorno della marmotta. Dando un senso ai nostri giorni. Imparando cose nuove, aiutando gli altri, uscendo dal nostro ego per amare. L'unica cosa importante al mondo. Ma perché nessuno lo capisce? Io per prima.



(giusynauti, non spaventatevi: è un periodo in cui mi sto resettando. tra le altre cose mi sono riavvicinata al cinema e mi permetto di farvi partecipe delle mie elucubrazioni nella mia casetta virtuale)

Expolatinos: Una serata di cultura universale nel segno dell'Ec...

Expolatinos: Una serata di cultura universale nel segno dell'Ec...: Una serata dedicata alla cultura, alla cultura universale, quella che si è svolta sabato 29 ottobre a Milano, al Centro Congressi della ...

giovedì 3 novembre 2011

IL TROLLEY NERO...

Ho visto da poco "This must be the place" di Sorrentino, con Sean Penn.
Un film molto malinconico, che mi ha fatto riandare alla mente a quando ragazzina ascoltavo Lullaby dei Cure e sembrava anche a me di dibattermi tra le ragnatele del loro video.
Ma a parte il giudizio sul film e sul suo effettivo valore, su cui devo ancora riflettere, mi ha colpito una cosa.
La valigia di Cheyenne, il protagonista. Nera, con le rotelle, piccola. Un trolley che è talmente inserito nella trama da diventare coprotagonista.
In una scena Cheyenne/Sean Penn ha persino incontrato il suo inventore Harry Dean Stanton, proprio lui, l'inventore del valigino con le ruote, un oggetto che "ha rivoluzionato le sorti dell'umanità":

Ma nulla avviene per caso, come ha spiegato Paolo Sorrentino: ''Il trolley rappresenta la semplicita' nel risolvere cose che nella vita ci appaiono complicate, tutti noi vorremmo un trolley che alleviasse il peso di alcune difficolta' che la vita ci presenta''.

Io invece... Io mi sono molto rivista nella figura di quest'uomo che trascina questa valigetta nera in giro per il mondo. Come una tartaruga senza una dimora fissa. Da sola e un po' indifesa. Con le ruote che girano girano non si sa in cerca di cosa...
Pare che Cheyenne si trascini dietro parte del suo passato, nero come lui, da cui non riesce a distaccarsi. Pare che tenga nascosta nel suo trolley tutta la sua disperazione, la sua malinconia, le sue paure. Quelo che nasconde al mondo ma che si porta sempre dietro. Nelle strade deserte, tra la gente. Sempre con il suo trolley nero.
Tascinato a sua volta da una indeterminatezza che lo pone in un limbo di casualità, che lo sballotta senza sosta, accanto a occasionali compagni di viaggio, alla ricerca di se stesso.Prima che sia troppo tardi.

Il trolley di Cheyenne

il mio trolley in una delle mie ultime trasferte (chissà perché mi è venuta voglia di fotografarlo e proprio lì)

Valige in cerca di un armadio in cui fermarsi. O di altri luoghi dove andare in un eterno moto senza sosta. Senza senso forse.
Cheyenne lo trova alla ricerca dei suo padre e delle sue vendette. Io non lo so, ma ci dev'essere un luogo... "This must be the place", quello in cui Cheyenne riesce finalmente a togliersi la maschera, a fuggire dalla sua eterna fanciullezza e forse a disfare la valigia...

Una frase che mi ha colpito:
C'è qualcosa che mi disturba. Non capisco cosa possa essere, ma mi disturba


E' qualcosa che provo anch'io, spesso, ultimamente. Mi accompagna nei rapporti umani, così complicati e forse troppo freddi per una persona come me, indifesa e iforse un po' ingenua come Cheyenne,, e nella quotidianità così sempre uguale a se stessa da essere disturbante.
Il segreto è dentro il valigino, lo so... basta aprirlo, toglere il doppio fondo e scoprire cosa veramente ci si porta sempre dietro...

Perché poi forse il segreto della vita e togliersi il trucco e la maschera e disfare il trolley... Ma chi lo sa... Ci dev'essere pure un luogo...









PREMIO LETTERARIO “L’INTEGRAZIONE CULTURALE PER UN MONDO MIGLIORE”

Il 29 ottobre presso il Centro Congressi della Provincia di Milano si è tenuta la prima edizione del Premio Letterario "L'integrazione culturale per un mondo migliore" organizzato dal Centro Ecuadoriano de Arte y Cultura. Presidente del Premio il Dott. Guaman Allende .
A fare gli onori di casa la deliziosa console dell'Ecuador NARCISA SORIA VALENCIA,
Presidente della giuria la celebre poetessa Ninnj Di Stefano Busà. Membri della giuria Dr. Corrado Calabrò, Prof. Alessandro Quasimodo, Dr. Franco Loi, Dr. Angelo Gaccione, Dr. Rodolfo Vettorello, Don Alessandro Vavassori, Prof. Haidar Hafez, Prof.ssa Lorenza Franco, un rappresentante diplomatico del governo ecuadoriano ed il Maestro Gino Masciarelli, scultore di fama mondiale, che ha realizzato un trofeo in esclusiva per il premio. Presente anche il poeta Davide Rondoni, forse attualmente il maggior poeta italiano.

Commovente il momento degli inni nazionali. La manifestazione è l'unica in Italia organizzata da uno stato straniero che premia... autori italiani in nome della fratellanza dei popoli. Un'idea che ha riscontrato il grande apprezzamento del presidente della Repubblica Napolitano che il prossimo anno concederà il patrocinio.

Tra i premiati anche Daniela Quieti e Nicoletta De Gregorio.

Avevo presentato la poesia "l'ultimo viaggio di Zonker" dedicato a Enzo Baldoni, il reporter e pubblicitario morto durante una missione umanitaria in Iraq nel 2004. A lui dedico il mio premio di merito.

Lo scultore Gino Masciarellli, autore dei trofei e artista di fama mondiale.


Il console dell'Ecuador con la celebre poetessa Ninnj Di Stefano Busà






sabato 22 ottobre 2011

Racconti nell@ rete - LuccAutori 2011


Domenica scorsa.il 16 ottobre sono stata premiata a Lucca, nella sala Mario Tobino del Palazzo Ducale per Racconti nella rete".
Si tratta di un concorso ormai decennale e prestigioso il cui premio principale è l'inserimento in un'antologia edita dalla casa editrice Nottetempo.




dal sito www.raccontinellarete.it

Il festival letterario è organizzato dall’associazione culturale LuccAutori con il patrocinio del Ministero per i Beni Culturali, della Regione Toscana e APT Lucca e con il sostegno della Provincia e del Comune di Lucca. E’ in programma a Villa Bottini e a Palazzo Ducale dal 13 al 16 ottobre. Numerosi gli incontri con i big della letteratura aperti al pubblico e al mattino agli studenti delle scuole lucchesi, anche quest’anno in collaborazione con la Fondazione Mario Tobino ed inseriti nelle “Occasioni Tobiniane”.

La diciassettesima edizione di LuccAutori è dedicata al 150^ anniversario dell’Unità d’Italia. Per ricordare l’avvenimento sarà proposta presso la biblioteca civica Agorà la mostra “Scrittori & Artisti d’Italia”. L’inaugurazione avverrà sabato 1 ottobre alle ore 17 (seguirà buffet offerto da Invidia Cafè). La mostra rimarrà aperta fino al 12 ottobre.

Il manifesto 2011 della mostra e di LuccAutori vede riprodotte due diverse opere del disegnatore e umorista Lido Contemori. Tra gli ospiti di questa edizione di LuccAutori il prof. Stefano Zecchi – per un incontro organizzato con il “Rotary Club di Lucca” ed il premio Acqui Storia in programma giovedi 13 ottobre – Paolo Febbraro ed Ennio Cavalli – per gli incontri con gli studenti a Villa Bottini in collaborazione con la Fondazione Mario Tobino – Silvio Muccino, Carla Vangelista, Antonio Casanova, Edoardo De Angelis, Gianna Martorella, Niki Giustini, Graziano Salvadori, il direttore di Rai Nuovi Media Piero Gaffuri, Chiara Lico del Tg2, e tanti altri.

Il premio letterario Racconti nella Rete, organizzato da dieci anni con grande successo sul sito www.raccontinellarete.it, vede la pubblicazione dei vincitori in una antologia edita da Nottetempo, curata da Demetrio Brandi . I venticinque autori italiani saranno presentati e premiati durante la manifestazione LuccAutori.

Tra gli eventi di questa edizione è prevista l’assegnazione del Premio “Racconti per Corti”. Realizzeremo a Lucca il cortometraggio del vincitore in collaborazione con la Scuola di Cinema Immagina ed i siti Mymovies e Sceneggiatori. Corto che verrà presentato in anteprima presso la sala Tobino di Palazzo Ducale nell’ambito del programma di LuccAutori.

A lato nella home page il programma giorno per giorno.

Negli anni scorsi agli incontri letterari sono intervenuti , tra gli altri, Dacia Maraini, Lidia Ravera, Piero Badaloni, Sergio Zavoli, Alda Merini, Alain Elkann, Maurizio Maggiani, Pino Caruso, Ennio Cavalli, Barbara Alberti, Arrigo Petacco, Irene Pivetti, Vittorino Andreoli, Francesco Alberoni , Italo Moretti, Susanna Schimperna, Oliviero Beha, Bruno Lauzi, Antonio Caprarica, Amedeo Minghi, Enrico Vaime, Gianluca Grignani, Sveva Casati Modignani, Giordano Bruno Guerri, Ugo Gregoretti

ecco lo speciale di raitre andato in onda il 28 ottobre
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-9d614365-5c27-49f1-bdef-2a4b28403d43.html

Video Rai.TV - Rai Parlamento - 10' di... del giorno 28/10/2011

mercoledì 12 ottobre 2011

AGOSTINO DAMIANI, VOLATORE ( 1935 - 2011)

La notte scorsa ci ha lasciato Agostino, il decano dei Volatori Rapidi.
Era una roccia. Una grande penna, ironica, dissacrante, popolana e colta allo stesso tempo.
Il cantore di un'Emilia antica, non quella in doppiopetto, ma quella dei rioni popolari.
Un grande contastorie, come amava definirsi. Uno da schitarrate e non da violini
Uno che sapeva raccontare la guerra sia dalla parte dei vincitori che dei vinti. E sempre con umanità.
Il simbolo di un'Italia pultia, onesta, semplice e sincera che forse non c'è più
Per noi Volatori era soprattutto un amico e pensare di continuare senza di lui è triste e quasi inverosimile.
Agostino, stai volando più in alto di noi.
Ci mancherai tanto.


""Sono un “contastorie”, racconto vicende di altri: “fatti”, per lo più.
Sentimenti grandi e profondi (odio o amore sempiterni, ad esempio) non fanno per me, sono un superficiale; c'è poco da scavare in me, meglio non farlo, c'è il rischio ...di non trovarci niente.
Attorno ai personaggi dei miei racconti non aleggiano musiche
immortali, al massimo ci potrebbero stare le note di una canzonaccia o lo strimpellìo di una chitarra.
È il mio lettore che insiste ad attribuire reconditi e nascosti significati
alle mie chiacchierate... sono solo un “figlio di buona donna” che lo
imbroglia portandolo per mano dove voglio io, ma che poi si fa perdonare lasciandolo libero di scorrazzare come vuole lui."

(Agostino Damiani)





MONTEFIORE



Grande successo e teatro affollatissimo per la premiazione del grande premio internazionale Montefiore.
A condurre sul palco il grande Roberto Sarra, con disinvoltura, scioltezza e simpatia.
Roberto ha creato un altro premio di grande valore, con un gran numero di iscritti, quasi 800, rendendo quesrto premio appena nato già uno dei maggiori d'Italia.
E' sorprendente come dal nulla riesca creare kermesse di grande successo e di promozione alla cultura.
Come gli ho detto personalmente, lui è una sorta di Steve Jobs nel campo della promozione della letteratura. un visionario. Un innovatore.

Bei momenti canori e musicali, come sempre e grande spazio agli autori.



Di seguito il bell'articolo di Daniela Quieti ( consulente linguistica del Montefiore) sulla premiazione.


È stato un magico e davvero partecipato pomeriggio quello della cerimonia conclusiva di consegna dei riconoscimenti della I^ edizione del Premio Internazionale Montefiore, che si è svolta domenica 9 u.s. nella splendida scenografia dell’ottocentesco Teatro Malatesta di Montefiore, a Conca, in provincia di Rimini.

Come sempre per gli eventi promossi dall’Associazione Pegasus di Cattolica, presieduta dallo scrittore e saggista Roberto Sarra, tanti illustri rappresentanti del mondo letterario, accolti dal bel discorso del Sindaco dell’incantevole borgo, hanno animato la manifestazione fra suggestive emozioni, sentimenti di solidarietà e pregevoli interventi musicali e canori. Un successo per quanti hanno sostenuto l’iniziativa e lavorato con impegno per la riuscita di essa.
I componenti della Giuria, presieduta dal giornalista Rai Giancarlo Trapanese e formata da note personalità letterarie quali Roberto Sarra, Presidente del Premio, Giusy Cafari Panico, Claudia Contardi, Giancarlo Giuliani, Marina Pratici, Rodolfo Vettorello, e dalle consulenti per le opere in lingua straniera Francesca Pazzaglini e Daniela Quieti, si sono avvicendati sul palco nella consegna dei vari riconoscimenti in momenti artistici intensi che hanno coinvolto calorosamente il pubblico presente. Fra gli altri, sono stati conferiti Premi alla Cultura all'attore dalla bellissima voce Antonio Maria Magro e al poeta morcianese Giuliano Cardellini; il Premio Speciale A.G.E. alla Carriera è stato attribuito ad Annelena Michelazzi Roffi, il Premio Speciale “Dino Pratici” a Bruno Marengo e il Premio Speciale I.P.L.A.C. a Ignazio Gaudiosi. Significativi riconoscimenti per gli abruzzesi Licio Di Biase, Giovanni Damiani, Valentina Palleri, Roberta Di Iorio e Umberto Vicaretti.
Per l’elenco completo dei vincitori: www.premiomontefiore.it/





ecco il video tratto dal telegiornale di Italia7gold

venerdì 7 ottobre 2011

Buon Compleanno Enzo!

Anche quest'anno eccomi qui a ricordare Enzo Baldoni, che avrebbe compiuto proprio oggi 63 anni.
Che dire: era un uomo straordinario. Io gli dedicai una poesia anni fa. Scrissi a sua moglie Giusy, che mi rispose inviandomi un suo scritto bellissimo.
E per una strana combinazione proprio oggi ho ricevuto una comunicazione in merito ad essa.
Enzo, eri una persona straordinaria.

Ti dedico - e so che mi senti - questa canzone che scrisse per te uno dei miei cantautori preferiti, Samuele Bersani:

Occhiali rotti

Ho lasciato la mancia al boia per essere sicuro
che mi staccasse la testa in una volta sola e ti assicuro
non lo pagai sperando di fermarlo
come mai si ritirò è un mistero e il motivo non so spiegarlo
ma so andarmene lontano
se nessuno mi trattiene
e tornarmene a Milano nonostante le catene
Ho lasciato la mancia al boia, sai quanto mi servisse
un orologio Bulova
se il tempo lo scandiva la mia tosse
tanto che poi in cambio ottenni acqua
e un sorriso che pensai
fosse un rischio persino per lui
per capirmi è necessaria la curiosità di Ulisse
di viaggiare in solitaria
vedendo il mondo per esistere…
E chissà che poi non capita che ad uccidermi
sia per caso la pallottola amica di un marine
ma se chi dovrebbe darti aiuto respinge il tuo saluto cosa fai?
bestemmi o preghi il dio del vetro andando marciandietro via dai guai
e vai all’inferno
che la differenza in fondo non ci sta
Ho lasciato la mancia al boia per essere sicuro
che mi staccasse la testa in una volta sola e ti assicuro
non lo pagai sperando di fermarlo
come mai si ritirò è un mistero e il motivo non so spiegarlo
ma nel giro di un minuto dietro a un paio di lenzuola
è sbucato il sostituto
con in mano una pistola
Finalmente un po’ di musica
ma che nostalgia di quando avevo preso la chitarra elettrica e l’ho data via
chissà se gli errori del passato sono ancora adesso in garanzia
e se mi verrà mai perdonato il fatto che io spesso andassi via
un bacio a tutti, quanti sogni belli e quanti brutti
i miei occhiali si son rotti
ma qualcuno un giorno li riparerà…
Finalmente un po’ di musica
ma che nostalgia di quando avevo preso la chitarra elettrica e l’ho data via
chissà se gli errori del passato sono ancora adesso in garanzia
e se mi verrà mai perdonato il fatto che non fossi a casa mia
un bacio a tutti, fate sogni belli e pochi brutti
i miei occhiali si son rotti
ma qualcuno un giorno se li metterà
e a occhi semichiusi
attraverserà posti distrutti
e silenziosi



mercoledì 5 ottobre 2011

Lettere di uno Zio a sua nipote

Tanti anni fa c'era una bambina inquieta e un po' solitaria (da grande sarebbe rimasta un po' inquieta, un po' solitaria e un po' bambina ma è un'altra storia) che sentiva sempre parlare di un misterioso prozio, che abitava lontano e scriveva poesie.
Non l'aveva mai visto perché era anziano e non poteva fare lunghi viaggi.
O forse era un po' pigro.
Andarlo a trovare sarebbe stato troppo costoso per la sua famiglia, a quell'epoca.
L'unica testimonianza della sua esistenza erano delle strane fotocopie di giornali che mandava a tutti i parenti sparsi per l'Italia che contenevano le sue poesie.
Un altra prova erano i soldini che le mandava per Natale. CInquantamila lire con un vaglia. "Alla cara niporina. Zio Alberto"
Che poi poteva essere anche come la storia di Babbo Natale.
Così a tredici anni un giorno la nipote scrisse allo zio " Caro zio Alberto..." e lui le rispose.
La bambina scriveva anche lei delle poesie, molto infantili, inesperte e si vergognava a fargliele leggere. Ma un giorno non se ne vergogno più e lo zio Alberto gliele mandò corrette!! "Troppi aggettivi, c'è una ripetizione, non andare a capo basta che sia..."
E poi "Togli, togli... più togli meglio è, la poesia è concentrazione, non è un racconto"
Così la bambina cominciò a togliere. Nel frattempo aveva preso confidenza con il misterioso zio Alberto e gli raccontava un sacco di cose.
Forse per rimediare alla poca confidenza che aveva con suo nonno, suo fratello. Reale ma tanto tanto distante.
Passarono gli anni e una volta al mese nella cassetta della posta c'era la lettera dello Zio Alberto. "Ma che cose tristi che scrivi... alla tua eta!"
Lo zio, bisogna dirlo, aveva uno stile un po' ridondante e man mano che la bambina cresceva lo trovava un po' datato, un po' obsoleto. Alla Carducci.
Ma questo faceva pare del suo personaggio.
E poi le sue tragedie la facevano un po' sorridere. In realtà aveva un altro lavoro e scriveva per passione.
"Sagra di sangue" aveva sempre colpito la sua immaginazione. Che buffo suo zio!
Così passionale e pieno di vita a ottant'anni.
Le sue lettere scritte con la sua inconfondibile, brutta calligrafia ( quella geroglifica, quasi incomprensibile, comune a tutti i Cafari Panico, quella che ho anch'io) finché non cominciarono a tremargli le mani e cominciò a usare la macchiana da scrivere Olivetti 22 , quella con cui scriveva le sue poesie.
Aveva un circolo di amici un po' pomposi anche loro. Il suo migliore amico era "Il prof. Vizzaccaro" che gli dedicava prefazioni magniloquenti. "Il Cafari dimostra la sua grande maestria pittorica nel dipingere emozioni indimenticabili ;))" che lui ricambiava con identitica ammirazione.

Finalmente un giorno, dopo quindici anni di corrispondenza andai... oops, l'ex bambina andò a trovarlo nella sua casa del Sud, una casa tipica del Meridione, con quel decoro e quell'accoglienza difficile da descrivere.
Era solo di passaggio e poté incontrarlo per un'ora solamente.
Lo zio Alberto era già malato e aveva già novant'anni. Eppure, come raccontò in seguito la figlia, per accogliere la sua amata nipotina ( di cui conservava tutte le foto, che teneva sul suo scrittoio) si era andato a mettere il vestito "buono", quello gessato. E in giacca l'aveva accolta in casa.
Non si erano mai visti, e lei aveva trent'anni.
Lui la abbracciò appena, un po' schivo. Ma negli occhi aveva un luccicchiò che tratteneva una lacrima. Le fece mangiare due porzioni di pastiera. E parlarono come se avessero proseguito la loro ultima lettera.
Le parlò di storia, di Paestum e dei soldati greci poco virili che spinsero le loro donne ad aprire le porte della città ai Sanniti.
"Quanto assomigli a zia Virginia" le disse. E chiedeva alla moglie e alla figlia, che lo guardavano con benevola sopportazione.
Non è facile vivere con una persona malata di scrittura. Io posso capirlo, perché forse non è facile nemmeno stare con me.

Un'ora insieme. Poi non si videro mai più

Intanto la nipote aveva cominciata a scrivere con un po' più di convinzione e lui mi incoraggiava "Per aspera ad astra" e poi "Esercizio, ci vuole esercizio".
Le lettere con sempre più cancellature bianche, corrette da una grafia sempre più tremule.
"Sto scrivendo il mio nuovo libro, devo rileggerlo per farlo pubblicare. E poi la storia della nostra famiglia, ma non te l'hanno data?" anche a novantadue anni aveva un sacco di progetti.

A diciotto anni mi aveva fatto partecipare al primo premio letterario della mia vita, a Cassino, la sua terra d'origine e avevo vinto il terzo premio. Era molto orgoglioso e aveva avvertito tutti i parenti. Quello che lo guardavano con un po' compatimento, come l'eccentrico della famiglia.

Poi il silenzio. La casella vuota.
La telefonata di sua figlia. Fine.

Mi rimasero tante lettere, tante fotocopie, tante sue cose. Che conservo gelosamente.
Piansi tanto. Gli volevo tanto bene. Più che agli altri parenti di mio padre.

Un uomo che avevo visto solo una volta, per un'ora.

Riporto una delle sue poesie più belle, dedicata alla mia bisnonna, morta sotto le bombe degli Alleati a Ferentino, vicino a Montecassino, durante la famosa battaglia della seconda guerra mondiale.

Mamma

Su negre fosse e intorno ad ogni croce
i crisantemi tornarono a fiorire
mentr'io malato, stanco di soffrire
volevo bruciar la terra e il ciel feroce.

Da quando tace, o mamma, la tua voce
che lacrime e dolor sapea lenire,
non ho più fede e amor mi fa impazzire
il tuo calvario, la tua morte atroce.

A nulla, a nulla vale, ahimé! cercare!
Dove, fra tante ignore e mute tombe,
riposan, mamma, l'ossa tue sì care?

Perché non parli, mamma? Dove giace
il corpo lacerato dalle bombe?
Abbi pieta d'un figlio senza pace.

( Alberto Cafari Panico)


Dopo tanti anni, miracolosamente, l'ex ragazzina ha ritrovato un altro zio.
Uno zio non di sangue ma "di anima".
Sempre lontano, sempre virtuale. Magicamente residente nella stessa zona di suo zio.
Che nutre la sua anima di letture, di articoli di giornale, di poesie, e di lettere, lettere, lettere...
Attento e affettuoso consigliere e un grande amico. Oltre che un grande scrittore e una bella mente, vivace e sensibilissima.

Mi viene quasi da pensare che lo zio Alberto si sia riincarnato o che mi abbia trovato un suo degnissimo sostituto in questa strana avventura che è la vita.

A te, caro mio ricreato zio Alberto, dedico questo post.
So che mi leggi, che mi leggi solo qui. Come le persone che preferisco, forse quelle che mi vogliono più bene.
E ti ringrazio di aver colmato questo mio vuoto.
Seppur da lontano.
Ma le persone che amo di più sono sempre lontane, si sa.
Sia nel tempo che nello spazio. Mai nella mia anima.

sabato 17 settembre 2011

Una promessa fatta agli amici di Ortona

Ortona a Mare è una splendida città in provincia di Chieti ma vicina a Pescara.
Ha una storia incredibile. Tra l'altro è stata un possedimento dei Farnese, sì, proprio loro, quelli del Ducato di Parma e Piacenza.
Margherita d'Austria, sposa di Ottavio Farnese e affascinante protagonista della storia seicentesca, scelse di passare gli ultimi anni della sua vita proprio lì, nel clima mite della costa, a contatto con le splendide persone abruzzesi.
Fu sepolta invece a Piacenza, nella chiesa di San Sisto.

E poi Ortona è la citta da cui scappò Vittorio Emaniele III dopo l'8 settembre. Era mezzanotte nel porto di Ortona, e la nave Baionetta salpava da Ortona con la corte e i suoi dignitari, a conclusione delle vicende martoriate del Regno D'Italia e del Ventennio. Le mie zie lavoravano alla "Timo" , la Telecom di allora, e futono coinvolte nelle operazioni di comunicazione ( segretissime).

E ancora... Ortona è la città denominata la "Stalngrado d'Italia", dove si svolse una terribile battaglia nel dicembre del 43 tra esercito tedesco e canadese. Una lotta che si svolse casa per casa in un crescendo di terrore, sconquasso, distruzione. Gli abitanti ( comprese le mie prozie e la mia bisnonna) furono costretti a rifugiarsi nelle grotte e poi a sfollare in altre città. Ancora oggi pullman di reduci o figli di reduci canadesi visitano il suggestivo cimitero dove riposa chi ha combattuto la famosa "Battaglia di Ortona". Famosa però più all'estero che in Italia.

Ortona è la città dei Cascella, grandi ariisti, dell'autore di "Vola Vola" Tosti ( che mio nonno conobbe personalmente). E' pure la città di Rocco Siffredi (!).

E' domintata dal Castello Aragonese e dalla passeggiata Orientale e il suo porto è tra i più importanti dell'Adrriatico.

Ma soprattutto è la città dove riposano le spoglie di San Tommaso Apostolo. Non un apostolo qualunque: ma San Tommaso!! Purtroppo la cattedrale è stata distrutta durante le vicende belliche, ma conserva ancora la teca ed è metà di pellegrinaggi soprattutto dall'estero.

Infatti è questo il problema. L'Italia si è dimenticata di Ortona. Non le è stato riconosciuto nessuno status per la completa distruzione subita durante la guerra, né mai le è stato assegnato il minimo contributo economico.

Avendo avuto l'occasione di parlarne durante la mia partecipazione a "Chi vuol essere milionario?", ecco il mio piccolo contributo per fare un po' di pubblicità turistica ad una cittadina trascurata dallo stato. Questa estate me l'hanno chiesto e io lo faccio molto volentieri, sapendo di fare ben poco...
Tra l'altro imbranata come sono non sono stata nemmeno capace di caricare bene il video.

Tuttavia ecco la domanda che mi ha permesso di vincere 70000 euro. Non ho mai caricato nulla della mia partecipazione... ma aderisco alla richiesta fattami, in particolare dal Signor Marco, a cui rivolgo i miei più cari saluti, se mi legge.

lunedì 12 settembre 2011

"Bagni di Lucca: a nice place to see..." ( E.B.B.)

Sulle orme della mia "poetessa-feticcio" E.B.B.( Elizabeth Barrett Browning) sono arrivata nella sua seconda patria italiana, dopo Firenze: Bagni di Lucca, dove la mia eroina ha trascorso ben tre estati assieme a suo marito, il celebre autore inglese Robert Browning. La loro presenza è stata talmente importante nella cittadina termale da meritare una targa sulla passeggiata sul fiume Lira, accanto a "Casa Bastiani" dove la coppia soggiornava.
La targa ricorda il momento in cui E.B.B. consegnò, proprio a Bagni di Lucca, a Robert la brutta copia del suo libro di poesie più famose : "Sonetti dal portoghesi" a lui dedicati durante i mesi della loro corrispondenza e che lui pubblicò, rendendoli una delle raccolte di poesie d'amore più celebri della storia della letteratura.
Per me è stato straordinario ripercorrere le sue orme...in questo luogo magnifico...

L'occasione era, tra le altre cose, un interessante convegno "Arte, letteratura, stampa ed esilio: rapporti tra il Regno Unito e il Risorgimento". E.B.B. era infatti una fervente patriota e tifava appassionatamente per la causa dell'Unità d'Italia. Alcuni interventi erano dedicati a lei.

Il convegno si teneva nella chiesa anglicana, ora adibita a biblioteca e gestita dalla fondazione Montaigne.
Per me è stato quasi sconvolgente scoprire quanti poeti, scrittori, intellettuali provenienti da tutta Europa
hanno frequentato questo luogo, sede di terme antichissime e benefiche da cui traevano vantaggi i sovrani di tutta Europa. Oltre a Montaigne, il famoso pensatore, sono passati da qui e vi hanno soggiornato a lungo (e le targhe sui palazzi lo testimoniano) Lord Byron, Shelley, Alexandre Dumas, Heine,.. ci sono passati Dante e Boccaccio e praticamente tutti i grandi autori italiani da Pascoli a Montale, da Carducci a Vittorio Alfieri. Oltre a grandissimi musicisti come il lucchese Puccini ( la nipote era presente al convegno), Verdi, Paganini, direttori d'orchestra cone Toscanini e il grande Enrico Caruso.

A proposito, in un economicissimo albergo, mantenuto appositamente "a una stella" per non rimodernarlo snaturando la sua struttura e i mobili antichi mi è capitato di dormire nella sua camera!!!

Durante il convegno, che vedeva la partecipazione di venti relatori provenienti dalle università di tante parti di Italia e Inghilterra di età diverse ( tante le giovani e preparate ricercatrici, una proveniente anche dalle "mie" zone chietine e pescaresi) si respirava una bellissima atmosfera, allo stesso tempo alla mano e internazionale.

Ho avuto il piacere di incontrare di nuovo Simonetta Berbeglia ( tra gli organizzatori, relatori e "chair" di una sessione", Elena Capolino, la responsabile di Casa Guidi, la residenza fiorentina dei Browning con cui ho avuto il piacere di collaborare lo scorso giugno, persone deliziose a cui ormai mi lega una calda amicizia,

Nonostante il mio inglese maccheronico ho avuto il piacere di condividere simpatici momenti di aggregazione anche con i relatori inglesi, in particolare con il Prof. Joseph Phelan dell'Università di Leicester che impietosito dai miei sforze anglofoni, ha cambiato linguaggio ed è persinbo riuscito a parlare con me di calcio ( lui tiene per il Tothenam ;)). Ah e poi ho scoperto che la squadra di cricket findata dal simpaticissimo e molto informale - anche come look - Prof.Michael Walton è campione del Friuli ( lui insegna ora a Trieste). Poi ha confessato che forse è l'unica ;)
Che simpatici tutti questi docenti inglesi... non "se la tira" nessuno. Tanto da imparare da loro!

( Chiesa Anglicana e Biblioteca, sede del Convegno)



Ringrazio per avermi fatto sentire a casa il Prof. Cherubini, il presidente della Fondazione, che ha fatto veri e propri miracoli a Bagni di Lucca, costruendo quasi dal nulla la Biblioteca, catalogando una preziosa e antichissima collezione di un donatore inglese e creando una serie di eventi di livello veramente internazionale.

La cittadina è deliziosa, le persone talmente cordiali e ospitali da lasciarmi profondamente colpita. I paesaggi sono splendidi come in tutta la Garfagnana, regione che io amo profondamente e a cui mi sento molto legata, per diversi motivi.
Non ultimo il fatto che a pochi chilometri, sul versante emiliano dell'appennino quasi sul confine, si trovano i miei unici possedimenti: alcuni castagni ereditati dalla mia nonna montanara: Angelica e che prima o poi andrò a scovare.
Radici, sì... in tutti i sensi. Quelle degli alberi e dell'anima. Strumenti di Dio che ti tengono legata ad un luogo, fili che ti riportano sempre alla "tua" terra.




Si respira un'aria particolare in questi luoghi, qualcosa che mi regala una grande pace interiore... Un senso di "qui e ora" che provo raramente e purtroppo mai nella mia città.

Grazie anche al "viandante dell'anima "Gianluca, tra i partecipanti, che mi ha regalato il suo libro di pensieri e alla sua amica di Santa Margherita Ligure, donna "magica" e sensibile che senza che le dicessi nulla mi ha detto
"Tu stai cercando un luogo vero? Il tuo luogo... Prima o poi lo troverai."
Quanto è vero....

Durante un'escursione a Prato Fiorito Robert Browning ha scritto proprio a Bagni di Lucca la sua poesia più famosa, dedicata alla moglie che, nonostante la sua fragilità fisica era riuscita ad arrivare sulla vetta ( anch'io ho percorso parte del tragitto, non ho avuto il tempo di arrivare al traguardo ( sono più imbranata di EBB ;).. ma tornerò :)). Il titolo By the fire-side, in italiano è "Accanto al focolare".
Eccone un brano, tradotto liberamente da me:

Le foreste avevano agito
per un secondo abbiamo cercato
di prendere in mano il gioco:
ma ci avevano mescolato così,
per una volta e per sempre.
Il loro lavoro è stato fatto:
potremmo andare o restare,
ma loro insistono
nel loro antico volere.


Robert Browning