giovedì 28 luglio 2011

Meglio qui...

In attesa di separare il mio blog letterario da quello privato come di solito si fa... utilizzo questo spazio per parlare ancora un po' di me.

Sono in perenne conflitto con facebook da anni, da quando una persona cara ( con cui non sono nemmeno "amica") mi ha convinto ad entrare.

Ultimamente l'ho fatta grossa: avevo 2370 "amici", quasi uno status symbol. Uno strumento sicuramente utile per pubblicizzare le mie avventure letterarie.
Solo che mi veniva spontaneo considerarlo anche uno strumento per avere contatti "veri". Ho pensato che su più di 2000 persone ne conoscevo "dal vivo" un 10% scarso. E che ricevevo o scambiavo qualche "click" da meno della metà.
Così mi sono messa a scremare. E ne ho tolti 1500. Così facendo, per il meccanismo di questo "giochino" ( mai dimenticare che è un "giochino", per carità!) vedevo di più quello che facevano le persone che conoscevo un minimo, cosa che non mi succedeva più.
Scremando scremando però ho notato che le cose non cambiavano molto... i rapporti che si instaurano sono superficiali, finti, falsati e un po' forzati... manca l'autenticità.

L'anima, che lo sa, alla fine di questi contatti è un po' avvilita, abbattuta.
Questo nei casi in cui tra le persone in rapporto virtuale non ci sia altro, il suono di una voce, ad esempio, una stretta di mano. Guardarsi negli occhi.

Talvolta ci si sente soli e si cade in questo tranello.
"E' solo un giochino, nient'altro che un giochino".Questo mi aveva detto la persona che mi ha convinto ad entrare. Solo che a volte te ne dimentichi.
E il brutto è quando lo utilizzi per ricevere immediatamente dei feedback a quello che ti sta accadendo. Mi è successo da poco. Ero in una sala d'aspetto di un pronto soccorso e non avevo giornali, libri, nessuno con cui chiacchierare. Ed ecco, lo strumento magico, l'I-phone con cui sei in collegamento con il mondo!
Ed eccoti a spifferare i fatti tuoi al mondo intero. E a ricevere carezze virtuali, antidoti contro paturnie momentanee o croniche. Ma è solo uno schermo che si riempie di strani segni...comunicazioni brevi e inutili, divorate in continuazione da nuovi post, da nuove espressioni.

Per non parlare poi di chi si fotografa in continuazione. Mamma mia.
C'è una persona che conosco che è addirittura delirante. La immagino in continuazione mentre dice alle persone che la accompagnano: aspettate, fotografatemi mentre mangio questo spiedino... un attimo, ripetiamo il click oppure mentre fa lo stesso con chi lo accompagna. Su, mettiti in posa... click!! E manda in diretta tutte le foto... Incredibile! Delirante! E lo dico in quanto anch'io vittima di queste suggestioni, di queste tentazioni.

Quanto siamo soli, amici miei...



Se faccio il conto delle persone che considero veramente importanti per me, rifletto che il 95% non è su facebook. Ma per forza... Li vedo, o li sento, o mi mandano messaggi ( che è già meglio) o mi scrivono mail sulla mia casella di posta.
Persino i miei amici dei miei concorsi letterari, sparsi per l'Italia, li sento al telefono una volta o più alla settimana e che piacere ridere insieme, scoprire dalle loro voci le loro emozioni...
Federica, Laura, Ottavio, Doriana, il prof. Lorenzo, Elena, il mio amico ex Direttore, i miei amici della montagna, quelli che mi chiamano Lavinia...le persone a cui sono più affezionata non sono su faccialibro, come lo chiama il mio migliore amico.
E poi succese che cado nella tentazione di sbirciare, di spiare... di capire, di far agire retropensieri, oh mamma mia. Che veleno... Non è da me. Io che non apro mai i cassetti altrui, che rifuggo dalle inutili morbosità. No no no...
Sto meglio qui.
Ho bisogno di rapporti autentici.
Ultimamente ho provato a rendere meno virtuale un antico rapporto. Mi sono detta: ma che senso ha continuare a mettere dei "mi piace" e fare qualche stupido commentino a qualche canzoncina quando non si sa più nulla della vita l'uno dell'altro?
Così ho scritto una lettera, ampia, affettuosa... un invito a parlarsi, a tornare nella realtà.
Non ho ricevuto risposta e questo è indicativo...
Meglio cliccare su un videoclip oppure mettere una faccina, un emoticon... Ma siamo diventati dei videogiochi??

Se potessi mi toglierei. Come ogni tanto tento di fare, ma non ho il coraggio.
Come il personaggio mancato suicida del mio ultimo racconto.

Un suicidio virtuale...ecco cosa ci vorrebbe. L'idea mi solletica sempre molto...
Ho già provato due volte.
La prima volta mi ha "salvato" un mio amico chitarrista rock piacentino, che mi ha detto che era "a corto di money" e che se mi fossi tolta non avrebbe più potuto comunicare con me, visto che internet ce l'aveva quasi gratis mentre il telefonino per lui era una spesa.
La seconda volta è stato il mio antichissimo pen-pal Johan, l'olandese, amico lontano della mia adolescenza Ho visto spuntare la sua richiesta di amicizia proprio mentre stavo ultimando le procedure per cancellarmi.
Mi ricontattava dopo dieci anni, dopo che volevo chiamare il consolato per cercarlo, dopo il suo trasloco! Ho annullato tutto, solo per dirgli "Bentornato", per poi riperderlo, più distante di prima... Io stessa più distante di prima.
Bei tempi quelli in cui trovavo la sua calligrafia un po' con le zampe di gallina dentro la mia cassetta postale e con il mio inglese claudicante gli scrivevo a mano.

Stavolta non ci provo neppure. Mi serve. Mi faccio pubblicità.
Ho persino scritto una poesia su Facebook che ho letto alla rassegna dell'editoria abruzzese...

Ma, amici che mi leggete... se mi chiamate mi fate più piacere!

Solitari

Ho sempre avuto un debole per le persone complicate, complesse, solitarie, fuori dalle regole, forse un po' anaffettive ma che nascondono sentimenti forti sotto la corazza dura, politicamente scorretta.
Sia nella vita reale che nei libri, nei film, nei telefilm.
Un esempio ne è il Dottor House, che è un personaggio per me straordinario nella sua drammaticità, contradditorietà e forza.
Una persona che soffre nell'anima, una persona che soffre del male di vivere.
Conosco persone che gli assomigliano, una in particolare, a cui sono molto affezionata e che mi ha dato una grande lezione di vita.
So che non mi legge ( e meno male, si arrabbierebbe) ma io che di indole solitaria non sono sento il bisogno di esprimere la mia ammirazione e il mio affetto.

Ecco un omaggio al Dottor House in questa bella canzone dei Marlene Kunz



"Saper reagire cambia le cose, restare immobili lascia ogni cosa così com'è"



martedì 26 luglio 2011

Mal comune mezzo gaudio

Il 21 giugno è stato pubblicato questo mio racconto per la serie dei racconti estivi di Libertà scritti dai Volatori Rapidi dal titolo "Mai dire Maya", ispirati alla (presunta) fine del mondo prevista dall'antico popolo per l'anno 2012. Per chi non l'avesse ancora letto e per chi lo desidera, eccolo, con il dipinto che ho scelto per illustrarlo: la Battaglia di Argonne di Magritte.




MAL COMUNE MEZZO GAUDIO di Giusy Càfari Panìco

Una livida alba invernale stentava a risvegliare una Piacenza assonnata e nuvolosa. Tullio, in pigiama, si affacciò alla finestra senza vedere, come al solito, anima viva, poi si guardò allo specchio.
La notte insonne aveva lasciato sul suo volto due occhiaie bluastre e profonde; i radi capelli grigi, che di solito portava incollati sul cranio, erano tutti arruffati. Si allontanò con disgusto e, senza nemmeno pettinarsi e farsi la barba, si mise i soliti vestiti, che non cambiava da settimane, e uscì di casa.
Seduto sul solito autobus, guardava infastidito la vecchietta seduta davanti a lui, che continuava a ruminare rumorosamente una caramella. Un raggio di sole fece capolino dal finestrino. Tullio inforcò gli occhiali da sole, disturbato da quella luce accecante, e scese in Piazza Cittadella, per recarsi a fare la spesa al mercato coperto.
Nel reparto panetteria fu sommerso dal vociare assordante di alcuni ragazzi che compravano la focaccia per la ricreazione.
Colorati, chiassosi, impazienti, ridenti. In una parola: irritanti. Mentre aspettava il suo turno, ricordò che da giovane lui non faceva mai merenda, ai suoi tempi non usava!
Aspettò che sciamassero come vespe velenose, poi fece il suo solito acquisto; la commessa, ancora un po’ addormentata, gli infilò nel sacchetto tre panini, due confezioni di biscotti secchi e un pacco di tortiglioni.
A pochi metri dal mercato c’era la filiale della sua banca, quella dove riscuoteva la sua pensione. Pensò che qualcosa da parte per pagarsi il funerale ce l’aveva, senza bisogno di ricorrere a quei parenti lontani che non aveva mai sopportato.
Si sedette di nuovo sull’autobus, nello stesso posto. Stavolta il sole non c’era più: erano tornate le solite nuvole grigie, non si capiva mai se di smog o di vapore acqueo.
L’avrebbe fatto dopo pranzo. Magari stavolta avrebbe trovato più coraggio.
Gli svantaggi di abitare al pianoterra li aveva già calcolati al momento di prendere in affitto l’appartamento, ma l’inconveniente di non potersi buttare dalla finestra senza farsi il minimo graffio non l’aveva considerato. E farlo da un altro posto non gli andava. Voleva morire a casa sua. Almeno quello, dopo una vita così mediocre.
Stavolta pensò al gas. Aprì lo sportello del forno e girò la manopola senza accendere la fiamma. L’odore era fortissimo e prendeva lo stomaco, ma Tullio resisteva.
Al piano di sopra, il cane dei vicini continuava ad abbaiare, facendogli perdere la concentrazione. «Ma basta, cane maledetto»! ebbe la forza di urlare, persino in quel momento fatidico. Fastidioso, quel cane incontinente, che gli faceva la pipì sullo zerbino, fastidioso come tutti i suoi vicini con cui, grazie a Dio, parlava e litigava solo una volta all’anno, alla riunione di condominio.
Aumentò la gittata di gas, ma oltre a sentire il puzzo non succedeva niente.
«Va beh» disse tra sé e sé «facciamola per bene questa cosa.» Si sdraiò per terra, con la testa dentro il forno. Cominciò a sentire la testa pesante e fu colto da un tale senso di nausea che gli fece salire dallo stomaco alla bocca il pasto appena consumato. Non riuscì a trattenere un conato e si sfogò nel lavandino, poi socchiuse una finestra. Un colpo di vento, presago del temporale, la spalancò completamente e riempì la cucina di aria fresca.
Completamente demotivato, Tullio spense il gas e si impose di riprovarci il giorno successivo.
Ma era inutile: non aveva il coraggio! Aveva provato anche con la corda, ma il soffocamento gli faceva impressione e quella volta si era anche sbagliato a fare il nodo scorsoio, che lui mica era un boyscout!
I barbiturici… Buona idea! Ma in farmacia senza ricetta non glieli avrebbero mai dati e il medico non glieli aveva mai voluti prescrivere.
«Neanche stavolta!» sospirò tristemente. E aspettò che venisse buio per andarsene a letto.
Durante le notti, tutte insonni, di solito rimaneva sdraiato, in silenzio, a guardare il soffitto. Ma stavolta accese la radio su un’emittente a caso, tanto per dare un po’ di fastidio ai vicini che durante il giorno lo disturbavano con schiamazzi di bambini e strani spostamenti di mobili.
«Non lo dicono perché non possono ammettere che sia tutto vero, ma la Nasa lo sa perfettamente.» Una voce femminile traduceva in sincrono le parole di uno scienziato americano. «I Maya non hanno effettuato calcoli basandosi su riti religiosi, ma su scienze matematiche di cui erano maestri, confermate dai più illustri studiosi internazionali. Le avvisaglie si vedranno nel cielo. L’azzurro comincerà ad assumere sfumature verdognole, giorno dopo giorno, finché la mattina precedente il cielo sarà completamente verde … fino al tramonto.» «E l’umanità?» chiese l’intervistatore italiano. «Sterminata dall’impatto con un enorme asteroide» rispose la traduttrice, mentre lo scienziato pronunciava la stessa frase in inglese con voce tremante. «Ma questo è solo l’aspetto scientifico» interloquì un pastore sudamericano. «Si udrà fortissima la tromba dell’Arcangelo Gabriele: la sentiranno tutti e sarà l’inizio della fine…»
Il segnale si interruppe improvvisamente. Tullio prese in mano la vecchia radiolina a transistor e cercò spasmodicamente di sintonizzare meglio il canale. Niente. Quella strana emittente sembrava scomparsa .
«E se fosse vero? » si chiese speranzoso.
Dalla stanza accanto si sentivano i gemiti di due giovani amanti. «Godete godete: tanto ne avrete per poco» urlò sorridendo mefistofelicamente.
Da quel momento la fine del mondo diventò per lui una vera e propria ossessione. Comprò tutti i testi apocalittici che trattavano dell’anno 2012, e tutte le notti studiava le profezie di Nostradamus cercando di trovare in ogni terzina un nuovo significato; l’Apocalisse di San Giovanni, poi, non aveva più alcun segreto per lui. A furia di documentarsi si era convinto: il momento era arrivato. Finalmente.
Era talmente certo di questa notizia che non aveva più tentato di farla finita da solo. Dal panettiere lasciava passare avanti i ragazzi vocianti senza più brontolare, tanto poi non avrebbero più rotto le scatole né a lui né agli altri. Anzi, una volta aveva persino detto loro «Prego prego…» ridacchiando.
Le persone che lo incontravano per strada, che lo avevano spesso additato per la sua stranezza e per il suo abbigliamento scuro e trasandato, non potevano fare a meno di notare sul suo volto rugoso un insolito sorriso, quasi beffardo, senza capirne il motivo.
Passarono mesi di trepidante e speranzosa attesa, finché arrivò il tanto sospirato 20 dicembre 2012.
Tullio era in gran forma. Dalla settimana precedente su tutti i telegiornali e su internet circolavano voci sull’effettivo passaggio dell’asteroide vicino alla terra. La Nasa aveva rassicurato l’opinione pubblica: dalla stazione spaziale internazionale si stava provvedendo in merito, non c’era nessun pericolo. Il presidente della Repubblica aveva rassicurato gli italiani, a reti unificate: «Non siamo più nell’anno mille!» aveva ammonito con solennità. «Invece di occuparsi di queste superstizioni occorre risolvere i problemi reali del paese: la disoccupazione, l’immondizia di Napoli, il PIL!»
Lo dicevano per evitare il caos, pensava Tullio. Proprio come avevano avvisato alla radio quella notte. Nel frattempo le notizie della caduta dell’asteroide, minimizzate dalla televisione e dai giornali, si stavano diffondendo a macchia d’olio su internet e per le strade.
All’alba del giorno successivo, Piacenza era meno sonnacchiosa del solito. Tutti sembravano essere usciti di casa in anticipo, per vedere che aria tirava. Il cielo era di uno strano colore: verde, nonostante lo smog cittadino, nonostante le nuvole.
Tullio non riuscì a trattenere un urlo di gioia: «Sììì!». Finalmente qualcosa che avrebbe scosso la noia dei suoi giorni, finalmente anche gli altri avrebbero provato il suo malessere di vita, finalmente sarebbe riuscito nel suo intento.
Andò a far la spesa con un sorriso smagliante. Si accorse che la panettiera, allungandogli il sacchetto, aveva la faccia terrorizzata, probabilmente aveva ascoltato da poco il telegiornale.
«Ma lei non è preoccupato?» gli chiese. «Io?» e Tullio dopo una lunga pausa rispose: «Mai stato più felice in vita mia!»
Tornò a casa e guardò soddisfatto quel verde che preannunciava l’apocalisse e che sovrastava Piacenza da giorni. Che importava se gli altri davano la colpa all’inceneritore. Lui sapeva.
Alle ventitré in punto si mise il pigiama per andare a letto, come al solito. Indossò quello più bello, per l’occasione.
Il condominio era stranamente silenzioso, come se la paura, che nell’ultima settimana si era diffusa ovunque, avesse tolto la voce anche ai bambini e ai cani.
Con una pace mai provata, Tullio appoggiò la testa sul cuscino e, prima di addormentarsi, con una risatina sulle labbra, sussurrò: «Mal comune mezzo gaudio!», poi si abbandonò dolcemente, per la prima volta dopo anni, tra le braccia di Morfeo.
Dopo aver dormito saporitamente per ore, Tullio si svegliò e, al buio, non poteva capire che ora fosse. Era ancora vivo, purtroppo. Sbuffò.
Ma magari per poco. Rimase in attesa, incerto se riaddormentarsi di nuovo o aspettare che il destino facesse il suo corso, cogliendolo magari nel sonno. Splendida fine! Meglio del nodo scorsoio che non gli riusciva mai.
Un prolungato squillo di tromba lo fece sussultare. Poi un altro. E un altro ancora. Fino a diventare dieci, quindici, venti o forse più. Tanto da costringerlo a tapparsi le orecchie.
L’arcangelo Gabriele, si disse!! Erano strani suoni, però: meno solenni di quello che si aspettava. «Si è ben modernizzato» pensò. Prima di aprire gli scuri delle finestre che davano sulla strada, se lo immaginò lì fuori, con le ali immense, pronto a dare il via al Giudizio Universale, attorniato dalla sua divisione angelica. «Pepperepeeeee!»
Spalancò la finestra e, accecato da un sole vivo, rimase senza fiato.
Centinaia di macchine facevano i caroselli per tutta la città, con le trombette dello stadio e con i clacson. Un grande urlo liberatorio echeggiava da tutte le parti. I festeggiamenti per i mondiali di calcio non erano stati nulla al confronto: tutti erano scesi in strada, e si abbracciavano gli uni con gli altri. I padri portavano i bambini sulle spalle, le donne urlavano di gioia, i ragazzi gridavano «Chi non salta Maya è!».
Sconcertato e deluso, Tullio chiuse la finestra e accese il televisore.
Su tutti i canali, in mondovisione, Barack Obama, il presidente degli Stati Uniti, spiegava in diretta i dettagli della missione più segreta e difficile della storia : la deviazione della traiettoria dell’asteroide che avrebbe potuto distruggere la Terra.
«Ringrazio tutte le nazioni del mondo, che hanno fornito uomini, idee, basi logistiche: dalla Russia alla Cina, dall’Unione Europea al Giappone. Sì, ce l’abbiamo fatta! E’ una vittoria del mondo, una vittoria dell’umanità!»
«Ma va a….» Tullio si vestì e fece colazione, poi scese sulla strada e si diresse alla fermata dell’ autobus.
Circondato dalla folla, camminava a fatica e dovette persino dare qualche spintone. Un ragazzo di quelli che andavano a comprare la focaccia lo riconobbe, lo abbracciò e gli diede una pacca sulle spalle, urlandogli felice: «Ce l’abbiamo fatta, siamo vivi! Vivi! ».
Tullio gli rispose mestamente «Sì, sì…» camminando a capo chino tra la folla festante. E mentre aspettava l’autobus, sospirò con aria rassegnata: «Neanche stavolta!».

Rassegna dell'editoria abruzzese - XVI edizione

Alcune immagini della mia partecipazione alla XVI edizione della Rassegna dell'Editoria Abruzzese, organizzata con grande maestria da Nicoletta Di Gregorio, Presidente dell'Associazione Editori Abruzzesi.
E' stata una splendida serata. Ho conosciuto persone speciali, con cui ho avuto anche il piacere di condividere un bellissimo momento conviviale alla fine della manifestazione nella bella Pescara Antica.
Oltre alla mia splendida amica Daniela Quieti, che mi ha intervistato durante la presentazione del mio libro di poesie Moto a Luogo, desidero ringraziare Ninni Di Stefano Busà, una delle più grandi poetesse contemporanee, da cui ho avuto l'onore di essere preceduta, la bella e brava Bibiana La Rovere, Giancarlo Giuliani, poeta abruzzese di squisita sensibilità e una nuova amica Nina Maroccolo, artista a 360 gradi, visuale, "cantata", scritta con la sua bella opera "Illacrimata", a cui rivolgo un abbraccio particolare se mi legge, e il motivo lo sa lei.
Durante la serata è intevenuto anche il simpaticissimo critico Plinio Perilli, istrionico mattatore culturale, dalla preparazione infinita ed enciclopedia, mai però esibita con pesantezza.
Grazie anche agli altri nuovi amici che ho avuto l'onore di conoscere... con cui ho visitato la casa di Ennio Flaiano, un altro grande abruzzese che io ammiro molto per lo spirito salace, saggio e disincantato. Tratti di questo grande popolo a cui sono fiera di appartenere se pure per un 50% ;).
E grazie ancora a Daniela Quieti per la splendida ospitalità e per il caldo affetto di cui mi circonda sempre.




mercoledì 20 luglio 2011

Presentazione di "Moto a Luogo" alla Rassegna dell'Editoria Abruzzese


Sabato 23 LUGLIO alle ore 19,00 sarò a Pescara alla XVI edizione della Rassegna dell’Editoria Abruzzese ( edizione dedicata ai 150 anni dell’Unità d’Italia) per presentare il mio ultimo libro di poesie “Moto a Luogo”(Edizioni Lir) presso il museo delle Genti d’Abruzzo, vicino alla casa natale del poeta Gabriele D’Annunzio.
La manifestazione, patrocinata dall’Assessorato alla Cultura della Regione Abruzzo, dalla Provincia e dal Comune di Pescara, è inserita in “Pescara Tener –a – mente”, cartellone estivo curato dal noto storico Giordano Bruno Guerri
La Rassegna (che si svolge dal 15 al 23 luglio) vede la partecipazione di molti esponenti culturali di spicco, come il già citato Giordano Bruno Guerri, il regista Enzo G. Castellari, la candidata al Nobel Màrcia Téophilo, il critico letterario Walter Mauro, Margherita Hack, ecc. Il programma è molto ricco e vede la partecipazione, di affermati poeti e scrittori provenienti da tutta Italia, su invito dei membri dell’Associazione Editori Abruzzesi, presieduta dall’editrice Nicoletta Di Gregorio.
Durante la presentazione del mio nuovo libro di poesie interverrà l’Assessore alla Cultura alla Provincia di Pescara Fabrizio Rapposelli e sarò intervistata dalla poetessa e giornalista abruzzese Daniela Quieti.

Mauro Corona vince il Premio Bancarella 2011



PONTREMOLI, Massa e Carrara — Mauro Corona ha vinto la 59esima edizione del Premio Bancarella. Il riconoscimento letterario assegnato dai librai e dai bancarellai di libri è stato assegnato domenica sera all’alpinista, scultore e scrittore di Erto per “La fine del Mondo Storto”. Il romanzo racconta di un mondo irreale – seppure possibile – in cui carbone, petrolio e energia non esistono più. “È pieno inverno, soffia un vento ghiacciato e i denti aguzzi del freddo mordono alle caviglie. Gli uomini si guardano l’un l’altro, hanno occhi smarriti e il terrore stringe i loro cuori. E ora come faranno?”.

Alla fine ha vinto Corona, ha vinto un romanzo dalle tinte cupe e austere che traccia i contorni di una realtà degradata, impoverita e rovinata, ovvero la nostra portata agli estremi. Un mondo “storto” per l’appunto. Il “padre-autore” presenta gli uomini nel momento in cui aprono gli occhi e si accorgono che il benessere conquistato, i loro oggetti meravigliosi e la tecnologia più all’avanguardia sono inutili rispetto ai bisogni primari. Circondati dal superfluo e privi del necessario, intuiscono che l’unica salvezza possibile è racchiusa nel sapere dei loro avi, una conoscenza ormai perduta, che pure rispettava la natura e dal lei dipendeva
Il libro del celebre alpinista scrittore, pubblicato nel 2010 da Mondadori, si è imposto sugli altri 5 finalisti raccogliendo 75 voti su 189. Ha superato di gran lunga “Non chiedere perché”, 45 voti, del giornalista Franco Di Mare, arrivato secondo e “Dictator. Il trionfo di Cesare” di Andrea Frediani 28 voti, terzo sul podio.

“La fine del Mondo Storto” ha vinto poi su “Lepanto” di Alessandro Barbero, arrivato quarto con 19 voti, su “Il romanzo dei Mille” di Claudio Fracassi che ha totalizzato 16 voti, e infine su “A piccoli colpi di remo” di Alberto Cavanna, che ha preso 6 voti.

Presidente della giuria 2011 a Pontremoli era lo scrittore Gianrico Carofiglio, che ha vinto il premio Bancarella nel 2005 con il volume “Il passato è una terra straniera”. Si è trattata di un’edizione tutta maschile e tutta italiana, senza donne né nomi internazionali.

(dal sito www.montagna.tv)

venerdì 15 luglio 2011

Volatori Rapidi in versione Maya



Da domani su "Libertà" i racconti dei Volatori Rapidi (il gruppo di scrittori a cui appartengo) ispirati alla fine del mondo prevista dai Maya per il 2012.

Tremate tremate... Scherzo! Se volete leggeteci in edicola!

inquietudini

le notti insonni,
quando i pensieri nascosti,
demoni fotofobici,
ti ghermiscono come mostri marini
e nuotare nel buio
lontani dal faro
è impresa da titani.
Poi d'improvviso
la luce dissolve tutto
e il sogno
che ti aveva riportato a riva
si compenetra nella sabbia
o si lascia risucchiare
dal respiro del mare

(GCP)

domenica 3 luglio 2011

POETESSE D'ITALIA - TRIBUTO A EBB



Il pomeriggio di mercoledì scorso è stato davvero magico, indimenticabile.
Grazie a tutti i partecipanti, alle mie amiche Daniela, Lella, Marina ( idealmente presente), Gabriella che hanno condiviso il mio gemellaggio con la mia adorata Elizabeth Barrett Browning. Grazie anche a Elena Capolino, solare e affettuosa "padrona di casa", rappresentante della Landmark Trust ( gestore di Casa Guidi) e della precisa, saggia e cordiale Simonetta Berbeglia, insegnante e studiosa di letteratura inglese che si sono fidate di me senza avermi mai conosciuto prima!!
E pensare che è tutto partito da un contatto casuale, da una telefonata che una perfetta sconosciuta di Piacenza ha fatto squillare nella meravigliosa e suggestiva Casa Guidi.
Un luogo d'amore e di poesia... che mi ha subito fatto innamorare.
Grazie anche a Michael Meredith, della Browning Society e bibliotecario del College di Eton, la scuola superiore dove ha studiato il principe Willliam, volato per l'occasione a Firenze, per presenziare a questo appuntamento. E a Suor Julia, che due settimane prima mi aveva portato in solitario e appassionante pellegrinaggio tra le tombe del Cimitero degli Inglesi a "parlare" con Elizabeth, che è un po' il mio alter ego poetico e non solo (con le dovute, enormi differenze a suo favore, ovviamente...).
Grazie a tutti coloro che sono intervenuti, così numerosi come non pensavo, agli amici che hanno fatto tanta strada per essermi vicino.
Grazie al Direttore di Libertà Gaetano Rizzuto per avermi "seguita" da lontano in questa mia avventura fiorentina e a Betty Paraboschi per gli articoli così accurati.
E grazie soprattutto a una persona molto molto speciale, che mi sta sempre accanto nei miei momenti più importanti, senza di lei non so se sarei riuscita. In questa come in altre mie "avventure". Grazie...