mercoledì 25 maggio 2016

L'anniversario della morte di Giovanni Falcone - LIBRI & LIBERI - Letture antimafia itineranti a Piacenza il 23 maggio 2016



Pochi giorni fa sono stata invitata dall'amico Guseppe D'Orazio a partecipare a un'iniziativa che non conoscevo, una giornata di letture per ricordare la scomparsa del Giudice Falcone il 23 maggio 2016.
A proporlo l'associazione Libera di cui è benemerito attivista assieme a tante persone fantastiche che ho conosciuto per l'occasione, tra cui Antonella Liotti, che si prodiga da anni per la sezione piacentina di questa importante associazione nazionale.

Io ho avuto l'onore e l'onere di leggere nella mia  biblioteca alle ore 17 45 e mi sono fermata nella lettura alle 17,58,  ora esatta della strage di Capaci.
E' stato per me un momento molto intenso ed emozionante che voglio celebrare non mettendo apposta nessuna foto, perché quello che conta, che contava, è il ricordo di chi non c'è. 
Voglio postare il ricordo di un'assenza, l'assenza di persone che sono morte per la nostra libertà.

Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, sua moglie, e gli uomini della sua scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro.  
Annientati da 1000 chili di tritolo ma risorti immediatamente nelle anime di tante tante persone, indignate ancora oggi.

Dopo di me leggeva Gaetano Rizzuto, l'ex direttore di Libertà a cui sono legata da un grande affetto e da una  -credo- reciproca simpatia umana e professionale di lunga data. Gaetano Rizzuto conosceva personalmente Falcone, è siciliano, sentiva la giornata e il momento non il doppio, ma cento volte. Ha raccontato di una giovinezza condivisa con lui in Sicilia, del ricordo di suo fratello Pino, passato su quella maledetta autostrada pochissimo tempo prima. E dopo ha letto il tema di maturità di una ragazzina, che poco dopo si sarebbe tolta la vita. Aveva "parlato", era un infame. Al suo funerale non c'era nemmeno la madre.

Anche il mio brano era molto forte. Era l'articolo di Repubblica che annunciava il lutto, il disastro, la sconfitta dello stato, quella perdita di vite umane in modo atroce. Era il primo articolo sulla strage-
Mi sono molto emozionata. Mi sembrava di rivivere un momento che ventenne, ricordo molto bene. Ricordo dov'ero, con chi ero, come capita quando accade qualcosa di straordinario. Ricordo la sensazione di sconfitta, del pensiero.".. ed ora?"

Io non so ora cosa sta succedendo, non so a che punto sia la situazione Mafia: non ho la preparazione, le informazioni per farmi un'idea precisa, non so quasi nulla, come tanti. Ho visto però che tante persone la stanno combattendo con la cultura, con la forza della giovinezza pulita che rifiuta questo tipo di asservimento, di avvilimento umano e civile. C'erano tanti ragazze e ragazzi, tanti sorrisi, tanta voglia di cambiare. Carlotta, Anai e le altre. Sorrisi contro un muro da sgretolare, che quando sono stata in Sicilia l'anno scorso ho sentito sulla pelle, anche se nessuno ne parlava apertamente, come sempre, come si sa.

E' stata una bellissima sera e assieme al piccolo corteo ho fatto  il giro della la città che partiva dalla Bookbank alla Luppoleria, passando dalla libreria Fahrenheit, alla libreria Berti Papero Editore, alla Fabbrica dei Grilli dove leggeva la mia amica Betty Paraboschi con Bernardo Carli. 

Io, ripeto,  ero molto emozionata, ho stentato ad essere lucida leggendo, non sono stata "brava" sicuramente, ma forse anche così ho testimoniato lo sgomento provato in quel giorno, lo sgomento che tutti abbiamo provato quel giorno. 
Grazie a Libera, grazie a Giuseppe D'orazio per avermi coinvolto. Grazie davvero. 

Non sum digna ma grazie



Strage a Capaci
povero Falcone



di ATTILIO BOLZONI


E' morto, è morto nella sua Palermo, è morto fra le lamiere di un'auto blindata, è morto dentro il tritolo che apre la terra, è morto insieme ai compagni che per dieci anni l'avevano tenuto in vita coi mitra in mano. E' morto con sua moglie Francesca. E' morto, Giovanni Falcone è morto. Ucciso dalla mafia siciliana alle 17,58 del 23 maggio del 1992. La più infame delle stragi si consuma in cento metri di autostrada che portano all'inferno. Dove mille chili di tritolo sventrano l'asfalto e scagliano in aria uomini, alberi, macchine. C'è un boato enorme, sembra un tuono, sembra un vulcano che scarica la sua rabbia. In trenta, in trenta interminabili secondi il cielo rosso di una sera d'estate diventa nero, volano in alto le automobili corazzate, sprofondano in una voragine, spariscono sotto le macerie. Muore il giudice, muore Francesca, muoiono tre poliziotti della sua scorta. Ci sono anche sette feriti, ma c'è chi dice che sono più di dieci. Alcuni hanno le gambe spezzate, altri sono in fin di vita. Un bombordamento, la guerra. Sull'autostrada Trapani-Palermo i boss di Cosa Nostra cancellano in un attimo il simbolo della lotta alla mafia.

Massacro "alla libanese" per colpire e non lasciare scampo al Grande Nemico. Una tonnellata di esplosivo, un telecomando, un assassino che preme un tasto. Così uccidono l'uomo che per dieci anni li aveva offesi, che li aveva disonorati, feriti. La vendetta della mafia, la vendetta che diventa morte in un tratto di autostrada a cinque chilometri e seicento metri dalla città, la città di Giovanni Falcone, la città dove pochi lo amavano e molti lo odiavano.

La cronaca della strage comincia all'aeroporto di Punta Raisi quando su una pista atterra un DC 9 dell'Alitalia e subito dopo un jet del Sisde, un aereo dei servizi segreti proveniente da Roma. Sopra c'è Giovanni Falcone con sua moglie Francesca. Sono le 17,48 quando il jet è sulla pista di Punta Raisi.

E sulla pista ci sono come ogni sabato pomeriggio tre auto che lo aspettano. Una Croma marrone, una Croma bianca, una Croma azzurra. E' la sua scorta, la solita scorta con Antonio, Antonio Montanari, agente scelto della squadra mobile che appena vede il "suo" giudice che scende dalla scaletta si infila la mano destra sotto il giubbotto per controllare la bifilare 7,65. Tutto è a posto, non c'è bisogno di sirene, alle 17,50 il corteo blindato che trasporta il direttore generale degli Affari penali del ministero di Grazia e giustizia è sull'autostrada che va verso Palermo.

Tutto sembra tranquillo, ma così non è. Qualcuno sa che Falcone è appena sbarcato in Sicilia, qualcuno lo segue, qualcuno sa che fra otto minuti la sua Croma passerà sopra quel pezzo di autostrada vicino alle cementerie. La Croma marrone è davanti, centotrenta all'ora. Guida Vito Schifani, accanto c'è Antonio, dietro Rocco Dicillo. E corre, la Croma marrone corre seguita da altre due Croma, quella bianca e quella azzurra. Sulla prima c'è il giudice che guida, accanto c'è Francesca Morvillo, sua moglie, anche lei magistrato. Dietro un altro agente di scorta. E altri quattro sulla Croma azzurra.

Un minuto, due minuti, la campagna siciliana, l'autostrada, l'aeroporto che si allontana, quattro minuti, cinque minuti, il DC9 dell'Alitalia proveniente da Roma che scende verso il mare e sorvola l'A29. Sono le 17,57, Palermo è vicina, solo sette chilometri, solo pochi minuti. Lo svincolo per Capaci è lì, c'è un pò di vento, ondeggia il cartellone della "Sia Mangimi", si muovono gli alberi, il mare è increspato. Ecco, sono quasi le 17,58. La Croma marrone è sempre avanti, il contatto radio con le Croma bianca c'è, la "linea" è silenziosa, vuol dire che tutto va bene, non c'è problema. Ma dietro, intorno, da qualche parte, c'è l'assassino, ci sono gli assassini che aspettano Giovanni Falcone.

Sono le 17,58. C'è una curva larga, c'è un rettilineo di 180 metri, c'è un'altra piccola curva. E c'è un sottopassaggio prima di arrivare ad una specie di colonna grigia con su scritto "Cementerie siciliane". Il cartello che indica l'uscita per Isola delle Femmine è a qualche metro, più avanti ci sono due gallerie. Sempre buie, sempre mal illuminate. Sono le 17,58 e Salvatore Gambino, coltivatore diretto di trentaquattro anni, passeggia su un ponticello e guarda le auto che sfrecciano sull'autostrada.

Sono le 17,58 e una Fiat Uno con una coppia di austriaci va verso Trapani seguita da una Opel Corsa di colore rosso. Sono le 17,58 quando la mafia compie la sua vendetta. "Ho visto una fiammata e poi ho sentito un boato... forse prima ho sentito il boato e poi ho visto del fumo nero", racconterà un'ora dopo confuso il coltivatore Salvatore Gambino a un carabiniere. 17,58, l'ora del massacro, l'ora dell'infamia, dell'orrore, della morte. (...)l


(24 maggio 1992)

LA NOTTE DEI MUSEI- CANDIDA LUNA AL MUSEO DELLA POESIA, 21 MAGGIO 2016


Buonasera Giusynauti,
siamo un po'in atmosfera di fine anno, vero? Anche se non andiamo più a scuola. L'anno che sembra chiudersi con l'estate, dove ci si concede se si può, le meritate vacanze presenta però i suoi ultimi appuntamenti interessanti.
Per esempio il 21 maggio c'è stata la notte dei musei, con tutti i musei, appunto, di Piacenza aperti gratuitamente fino alle 24 per permettere alla cittadinanza di usufruirne liberamente, in una cornice notturna particolarmente suggestiva.
Il Piccolo Museo della Poesia è rimasto aperto, con visite guidate e un reading dal titolo Candida Luna, letture di poesie con amiche le stelle.

Chi entrava - diversi erano poeti e scrittori piacentini -  "doveva" leggere un testo tratto dalle preziose raccolte del Museo e, in cambio, nella seconda parte della serata "ricambiare" con una sua poesia o condividendo un pensiero personale sul suo poeta preferito.
I testi erano stati preventivamente scelti da me e da Massimo Silvotti, tratti da edizioni antichissime.
Dall'Antologia della Diana del 1919 che conteneva rare poesie di Ungaretti, a una piccola edizione di Appuntaento a Ora insolita di Vittorio Sereni, a una pregiata edizione de "La Bufera" di Montale, da cui è stata tratta "Giorno e Notte" letta con profonda emozione dalla poetessa Maria Teresa Lazzara il cui padre, Edoardo Lazzara era stato amico personale del grande poeta ligure.

Caproni, Quasimodo, Campana, Rebora, Bertolucci, Penna, Luzi, Raboni... le anime dei grandi del Novecento hanno trovato voce negli autori che ne hanno letto i "canti notturni" con un pizzico di reverenza.

Tra i presenti Doriana Riva, collaboratrice del Museo e poetessa anch'essa, che ha allestito l'ingresso al Museo con un piccolo corridoio di luce, Ottavio Torresendi, Verdiana Maggiorelli, Eugenio Mosconi, Alberto Esse, Francesco Ferri, Monica Lombardelli, Giuseppe d'Orazio, Valeria, creatrice di gioielli e grande esperta di Haiku.







C'era anche mio marito, l'attore e regista Corrado Calda, che mi ha fatto la sorpresa di leggere la mia poesia "Come la luna di giorno" accompagnata da dieci tavole disegnate, verso per verso, dall' artista visuale Veronica Grisenti. Le avevo consegnato una poesia a cui ispirarsi ma non pensavo che ne uscisse un'opera d'arte. Le sono infinitamente grata e quando riuscirò posterò i suoi disegni, perché ha veramente tanto talento.
Grazie!

Sono state lette anche poesie di  due poeti contemporanei di fama non solo nazionale: Guido Oldani, tratte dalla raccolta Stil Novo, precedente al manifesto del Realismo terminale di cui è fondatore e di Amedeo Anelli ( Contrapunctus), poeta del comitato scientifico del Museo e critico letterario.
L'assessore alla cultura Tiziana Albasi, intervenuta durante "Candida Luna" ha svelato la sua predilezione per il poeta Orazio, il cantore del Carpe diem.

Nella seconda parte spazio alle poesie degli intervenuti e a tanti autori stranieri tra cui Emily Dickinson, Allen Ginsberg e la poesia Invictus di Henley, dedicata da Torresendi a Nelson Mandela.
Una serata piena di emozioni e condivisioni, di grande informalità, come spesso accade al Museo.
I visitatori entravano e uscivano, anche durante le letture e un po' ascoltavano, un po' leggevano i manoscritti esposti, un po' intervenivano e ponevano domande agli autori e a "noi" del Museo.

Bello il  nostro Museo, speriamo di riuscire a tenerlo aperto ( non prende nessun finanziamento pubblico finora)  e di continuare a  vivere nel respiro dei grandi poeti che la abitano dentro i loro libri e tutti coloro che semplicemente si dilettano in questa strana, intangibile, misteriosa arte che è la poesia.


mercoledì 11 maggio 2016

Il Piccolo Museo della Poesia

Buongiorno Giusynauti,
oggi vi voglio parlare del Piccolo Museo della Poesia di Piacenza.




Ve ne voglio parlare perché unico in Italia, anzi in Europa. L'ha "certificato" recentemente come tale anche il Ministro dei Beni Culturali Franceschini ed ora è davvero ufficiale.
E' stato inaugurato il 17 maggio 2014 alla presenza del Sindaco Dosi, ma sembra sia sempre esistito come tutto ciò che una volta creato sembra indispensabile

E' un'eccellenza per la città di Piacenza e come tale spero che abbia tante occasioni per ampliare le già tante attività ed essere sempre più un punto di riferimento per tutti coloro che amano la poesia.

Da poco sono stata nominata Direttore Artistica dal Direttore generale fondatore, Massimo Silvotti e sono davvero onorata e felice di potermi occupare con lui e con tutto il comitato scientifico del Museo.
Massimo Silvotti è un pazzo. Un pazzo all'Erasmo da Rotterdam.
Una persona che a un certo punto della vita ha inseguito un sogno e a pochi passi dalla casa dei suoi genitori e antenati, proprio lui che addirittura è nato e vissuto da bambino a Bruxelles, ha deciso di fondare a due passi da Piazza Duomo nientemeno che un museo della poesia.

Un museo! Ma cosa vuol dire? Mah, è difficile descriverlo, in realtà, più facile entrare una volta e assaporare quella strana aria che si respira, come se in quegli spazi si muovessero sopiti i respiri dei versi sospesi di questi ultimi due secoli.

La voce di Ungaretti squilla bonaria ma pungente dal prezioso manoscritto autografo sul leggio, appena entrati, e così quella di Montale, di Campana, di tante voci che trovano spazio o in documenti originali e autografati, o in libri rari, o all'interno delle preziose riviste letterarie che vi sono custodite con grande amore.

Brusìi di parole straniere pronunciate da Holderlin o da Rimbaud si inseguono negli scaffali, sul piccolo sofà dove, volendo chiunque può dormire una notte al museo...

Sì perché si può fare anche quello al Piccolo Museo della Poesia Incolmabili Fenditure.
Incolmabili fenditure, sono quelle che la realtà pone al poeta, incolmabili perché la realtà, e anche quello che va oltre, è impossibile da raggiungere persino con la poesia, e il poeta è un esploratore che cerca la verità senza mai trovarla fino in fondo. E la poesia custodisce sempre un irragiungibile segreto.

Grande è la suggestione del luogo che ripercorre la grande poesia europea del novecento, la sua storia, con quadri appesi alle pareti ( è anche una galleria d'arte), dischi, sculture, oggetti vari a volte un po' misteriosi.
E poi tante cose... ormai i poeti piacentini hanno trovato qui una seconda casa, un luogo di incontro e di scambio e ormai si susseguono presentazioni di autori provenienti da tutta Italia, che trovano molto risalto sulla stampa.

A proposito di stampa anche Repubblica ha parlato del nostro Museo...


E qui è il covo della corrente del Realismo Terminale, ideata dall'originale poeta Guido Oldani, una delle voci poetiche più note e innovative a livello internazionale (lo studiano anche alla Colombia University, tanto per dire). Anche io ho aderito alla sua corrente, come anche Giuseppe Langella, docente universitario e fine poeta tra i primi ad aderire. .Basta cercare su google realismo terminale e saprete tutto! Io personalmente ritengo Guido e la corrente di cui è fondatore geniali, fondamentali. Le uniche vere novità letterarie del secolo, e non scherzo.


E poi tante mostre di pittura e di arti varie, con artisti internazionali, ecco quella di Ungaretti che citerò anche in seguito

e tante altre fino ad arrivare all'ultima "In avvicinamento al Realismo Terminale" di Giuseppe Donnaloia... ma vi invito ad andare sul sito, sono tanti i nomi prestigiosi passati da qui.

Dall'idea di un "pazzo"geniale, Massimo Silvotti, che è lui stesso poeta, pittore, scultore e studioso di filosofia, quasi un uomo del rinascimento a una realtà che è nella Rete Museale Italiana e che non solo ospita un susseguirsi di mostre tematiche all'interno, ma che va spesso anche in altre parti d'Italia in trasferta come per la grande mostra su Ungaretti e la grande guerra a Lucca


Massimo Silvotti, Guido Oldani, la sottoscritta e l'attore Corrado Calda al Palazzo Ducale di Lucca

Ecco il comitato scientifico del Museo
 Presidente del Comitato: Guido Oldani; Direttore del museo: Massimo Silvotti; membri del comitato: Francesca Nacci, Amedeo Anelli, Gilberto Colla, Alessandro Mangiarotti.

ed ecco il sito del museo http://www.piccolomuseodellapoesia.it/

vi raccomando di visitarlo, troverete sempre una persona ad accogliervi se non il direttore in persona che vi porterà a spasso tra la poesia!

BUON VIAGGIO!

 le vetrine                                                con l'Assessore alla Cultura Tiziana Albasi









                                                 

 il logo e la mia prima "trasferta" con il Museo  al Fortino Napoleonico (Portonovo-Ancona)


ecco l'organigramma

Direzione del Museo: 
• Direttore 
Massimo Silvotti: poeta, artista, filosofo (Piacenza) 
Direttrice artistica Giusy Cafari Panico: poetessa, scrittrice, critico letterario (Piacenza)
• Responsabile organizzativo: 
Francesca Fazio: psicologa, esperta in organizzazione e comunicazione (Piacenza)
• Area artistica: 
Alex Maggiolini: architetto (Milano)
• Area conservazione e catalogazione: 
Gilda Rotello, conservazione beni artistici e museali (Caserta)
• Allestimenti: 
Sergey Silvotti (Piacenza)


Il Piccolo museo della Poesia- Incolmabili Fenditure e la Galleria d’Arte- Spazialismo poetico,
sono aperti da mercoledì a sabato dalle 11 alle 19.
Nei giorni di chiusura è possibile l’apertura straordinaria ai gruppi solo previa prenotazione.
 “L’INGRESSO E’ COMPLETAMENTE GRATUITO!!

#piccolomuseodellapoesia 
#poesia
#realismoterminale


domenica 8 maggio 2016

La mia prima videopoesia, ispirata a "Mercante di sogni" contenuta nel mio libro "Dalle radici al cielo"(edito dalla Pegasus Edition di Roberto Sarra) Grazie a mio marito Corrado Calda e alla bellissima voce di Enrica Barel e al meraviglioso mondo dei costumi di Luciano Carpi di Gattatico "La tribù del cucù"


Questo il testo

MERCANTE DI SOGNI

Mercante di sogni,
non hai nulla per me?
La tua valigia un tempo
strabordava di luci e di colori,
di stoffe strane
tessute in oriente,
di abiti da sposa immacolati
o dei corpetti rossi delle prostitute.
 
Avevo acquistato
archi e frecce,
un orologio senza lancette,
un bacio rubato,
un libro infinito.
Ampolle di lacrime,
ma solo di gioia,
un cavallo alato
e un tappeto volante.
 
Ora ti presenti a me
senza nulla propormi
o forse credi
che non possa pagarti.
 
O forse è perché
da tanto tempo non compro
e uso e consumo
solo quello
che gli altri
vogliono per me.
 
Eccoti i denari,
sono tutti i miei averi,
ma tu portami
nel paese dei sogni.
 
Li voglio tutti,
ne compro uno per ogni notte
e uno per ogni giorno.
 
E mille per quando sono triste,
e diecimila per quando mi perdo
nei vicoli stretti e tortuosi
della realtà senza illusioni
che è il luogo più cupo,
più triste: l’inferno.