venerdì 27 maggio 2011
Un tuffo nell'innocenza
Stamattina sono tornata dai "miei" bambini della scuola elementare di Quarto che tramite la loro mitica Maestra Lisa mi hanno invitato alla loro settimana della lettura.
Non so come ringraziarli per l'accoglienza così affettuosa, veramente commovente e la loro attesa... come se avessero aspettato davvero un'amica cara, una di loro!
Altro che Premi importanti, ambizioni economiche... e chi se ne importa quando basta qualche ora con loro per poi ritornare nella vita di tutti i giorni con una serenità tutta speciale, con la sensazione di essersi "lavati l'anima".
E' qualcosa di talmente bello che non riesco nemmeno a descriverlo e, come l'anno scorso, porterò questo ricordo come un tesoro prezioso dentro di me.
Mi ha scritto persino Talpa, l'amica immaginaria dei piccoli, a cui loro destinano sempre bellissime letterine in un'apposita cassettina postale e ricevono puntualmente risposte sempre in luoghi impensati...
Mi hanno davvero adottato ( e non il contrario ;-))!!
Quest'anno ho letto/raccontato loro "Sventato omicidio", la storia di un viaggio nel tempo all'epoca dei Farnese. Questa storia di viaggiare tra presente passato e futuro li ha coinvolti molto!! Anche loro mi hanno espresso il desiderio di utilizzare una carrozza del tempo e di tornare addirittura ai tempi dell' antico Egizio :-) ( era un bimbo di prima...molto in gamba!) Uno di quinta addirittura ai tempi del Big Bang !! Che teneri... stimolanti, intelligenti, e soprattutto attenti... Il pubblico migliore del mondo!!!
Che bello pensare che ci sia ancora un mondo pulito, in questa scuola piccolina piccolina, dove vivono davvero (e guai sono pronta a sfidare a duello chi lo mette in dubbio!) talpe, bruchetti, gnomi pasticcioni, dove anche chi entra è talmente coinvolto, che gli sembra di ritornare bambino e di diventare egli stesso il personaggio di una fiaba...
Mi sembra di essere volata come Trilli e Peter Pan nell'isola che non c'è...
Sono ancora carica di energia pulita... luminosa e che fa bene al cuore e all'anima.
Grazie alle maestre, straordinarie, carine, gentili... anche loro... fiabesche.
E' un grande privilegio per me essere per questi bimbi l'amica scrittrice che arriva dal Paese degli Scrittori... Grazie per i fiori di carta, che per me sono più cari di quelli di qualunque ammiratore e che sono già nella mia sala in bella mostra, e per i vostri disegnini!! Se le vostre maestre mi leggono qui, vi faccio ancora tanti complimenti.
Per me è già stata la mattina più bella dell'anno!!!
Un bacino a tutti e... salutatemi Talpa e Bruchetto, mi raccomando!!!
lunedì 23 maggio 2011
IL FORUM DELLA CITTA^ DEI BAMBINI E DELLE BAMBINE ( UMANITA' E TECNICA)
Mercoledì sono stata invitata ad un forum presso il Consiglio Comunale di Piacenza.
Ero tra i partecipanti ad una sorta di esperimento. Assieme ad altre quattordici persone dovevo rispondere a tre quesiti sull'argomento "La soglia educativa della tecnologia" nell'ambito dei Forum città dei bambini e delle bambine.
Ognuno doveva parlare solo per un massimo di cinque minuti.
Tutti gli interventi sono stati registrati e saranno utilizzati nel corso del Festival del Diritto 2011 che avrà come argomento "Umanità e tecnica"e si terrà come ogni anno a Piacenza nel mese di settembre.
Io ho affrontato il tema degli hikikkomori, i ragazzi giapponesi che si chiudono nella loro stanza utilizzando internet e che non escono se non per ottemperare alle necessità fisiche, un fenomento di dipendenza che si sta diffondendo anche in Italia.
Poi mi sono dichiaraya favorevole agli e-book e, in generale, alla diffusione della tecnologia anche a scuola.
Erano presenti persone molto interessanti. Alcuni li conoscevo già, come Carla Antonini, la direttrice dell'Istituto storico della Resistenza, la più sorridente e competente libraia di Piacenza, Sonia Galli e Federico Arcuri, frizzante art director, pubblicitario, mio "compagno di banco" della mia vita precedente da aspirante copywriter - poi sono finita a fare l'impiegata comunale :) -, che dimostra sempre 29 anni al massimo.
C'erano anche Giorgio Betti, che si definisce maestro elementare, ma che in realtà è un finissimo intellettuale, critico cinematografico con cui ho avuto modo di chiacchierare a lungo, Ugo Locatelli, Carlo Francou, Beatriz Paifer, Anna Paratici, Chiara Sacchi, Rinaldo Lusardi, Maurizio Bonatti...
Hanno tutti espresso pareri molto interessanti, sicuramente più dei miei,e per me è stato un arricchimento ascoltarli.
Quello che si perde e quello che si guadagna con la tecnologia, la sensorialità, i nativi informatici ( i ragazzi) "contro" gli immigrati informatici, quando non stranieri ( i genitori)...
Il gusto del rustico accanto a quello per il nuovo, passato e futuro...L'importanza della noia e dell'ozio creativo, da non riempire a tutti i costi con video giochi, mp3, internet... rischiando di diventare osservatori passivi del mondo.
E poi facebook, di cui sono anch'io vittima e con cui ogni tanto ho un rapporto conflittuale.
Grazie all'assessore Castagnetti, al pedagogista Davide Novara ( organizzatore e moderatore dell'evento) e a Michela Riboni per l'invito.
Facebook ( di GCP)
Voglio un testimone
Alla mia vita.
Non sopporto che non
Ne rimanga traccia.
Non voglio che l’onda
Porti via la sabbia
Che ho calpestato.
Mentre nella clessidra
Si sta già esaurendo
Quella che ho vissuto.
Ascoltatemi tutti, ascoltatemi!
Guardatemi
Leggetemi
Non dimenticatevi di me.
Che almeno io sia
L’eco di una voce
Portata dal vento.
Il bagliore illusorio
Di una stella lontana
Amatemi
Non confondetemi tra i tanti
Che popolano
La vostra indifferenza.
Voglio che sappiate chi sono
Quello che faccio
Come vivo
Chi odio, chi amo
Se sono triste o felice.
Testimoniate.
Giurate!
Dite a tutti
Che sono Vivo!
domenica 22 maggio 2011
Una poesia di Emily DIckinson dedicata a EBB
Un giorno Emily Dickinson, vedendo la foto del monumento di Elizabeth Barrett Browning presson il cimitero degli inglesi - che conto di visitare presto in vista di un evento di cui vi parlerò ampiamente, scrisse questi versi, dedicati a lei e al sentimento che la legava al poeta RObert Browning.
Splendidi...
L'anima si sceglie il proprio compagno
Poi chiude la porta
così che la maggioranza divina
non possa più turbarla,
Impassibile vede i cocchi che si fermano
laggiù al cancello
Impassibile vede un Re inginocchiarsi
alla sua soglia
Io so che tra tantissimi
L'anima ne scelse uno
Per poi sigillare come fossero pietra
le valve della sua attenzione.
mercoledì 18 maggio 2011
mercoledì 4 maggio 2011
Sto ascoltando...
Affascinata da sempre dal mito di Ulisse, tanto che ho chiamato Odisseo il protagonista del racconto a cui sono più legata, che si intitola il Divoratore di Libri, non posso non amare moltissimo queste due canzoni, che propongo ai miei "giusynauti" assecondando il mio nuovo desiderio di comunicare attraverso questo mio piccolo spazio.
Sono queste le canzoni che in questi giorni accompagnano la mia scrittura.
Nostos (da Marinai, Profeti e Balene, l'ultimo album di Vinicio Capossela)
La canzone di Vinicio (inserita in un album STREPITOSO, visionario, metafisico, biblico, altamente letterario) è incentrata sul concetto di nostalgia.
Nostos in greco significa infatti ritorno... Algos invece significa dolore.
Nè pietà di padre, nè tenerezza di figlio,
nè amore di moglie
Ma misi me per l'alto mare aperto
Oltre il recinto della ragione,
Oltre le colonne che reggono il cielo,
Fino alle isole fortunate, purgatorio
del paradiso
Nostos Nostos
Fino alle terre retro al sol e sanza
gente
Itaca ha dato il viaggio
Le sue ombre di viti nel sole e nel
miraggio
Le abbiamo portate dentro
Come una bussola
Ci ha fatto andare oltre gli incantesimi,
E i Lestrìgoni
Oltre le lusinghe dell'eterna giovinezza
Ma a ritornare ora
La troveremmo vuota di gente e piena
di sonno
Itaca ha dato il viaggio, Itaca ha
dato il viaggio,
L'hai avuta dentro, ma non ci troverai
nessuno
Fatti non foste a viver come bruti,
Ma per seguire virtute e canoscenza
Considerate la vostra semenza,
considerate la vostra semenza,
Nostos nostos, perdere il ritorno
Batti le ali, fare da remi al volo
Ali al folle volo!
Fino alle terre retro al sol sanza
gente
Fino alle terre retro al sol e sanza
gente
Ulisse ( da Fango e Stelle - 1996 - di Enrico Ruggeri)
Il capolavoro "sconosciuto" di Enrico. Una riflessione poetica sulla libertà estrema, sui lacci da sciogliere, sull'incomprensione del "ricercatore di verita" da parte della genete comune "Chi non mi sa capire guardi la scia delle mie navi leggere...Non gridare che non sento!"
Con il passato che ho,
dopo mille battaglie e pericoli,
di niente al mondo mi pento;
nemmeno il vento è più curioso di me.
Dove mi trovo non so,
ma rimane un istante da vivere
per ricordare le porte
di tante case dove aspettano me.
Portami via;
voglia di consumare.Tienimi via.
Chi non mi sa capire guardi la scia
delle mie navi leggere.
Fammi bere al giorno che verrà
e alle carezze passeggere.
Magari un giorno verrò:
rimanere da soli è difficile.
Ma l'abitudine a correre è troppo forte;
è più veloce di me
e non si può combattere.
Andiamo incontro all'avventura
con le vele al vento;
non è rimpianto né paura ciò che sento.
Non c'è montagna né frontiera
che potrà fermare
chi corre incontro al mondo
e il mondo sa guardare.
Sono già via;
scrivo da questo mare.Sono già via.
Non si farà legare l'anima mia,
fatta di roccia più dura,
perché l'anima è un concetto senza età,
senza famiglia né bandiera.
Faremo un salto dentro al buio;
non avremo pace
perché nel centro dell'ignoto c'è una luce.
Se il cuore nasce marinaio
non potrai averlo,
perché non basta un altro cuore per tenerlo.
Portami via;
voglia di consumare.Lascia che sia.
Chi non mi sa capire guardi la scia
delle mie navi leggere.
Fammi ancora bere al giorno che verrà
e alle carezze passeggere.
Sono già via;
scrivo da questo mare.Sono già via.
Non posso scegliere una vita non mia:
sono di roccia più dura.
Non gridare che non sento.
Magari un giorno verrò:
rimanere da soli è difficile.
Ma l'abitudine a correre è troppo forte:
è come un fulmine.
Portami via;
voglia di consumare.Lascia che sia.
Chi non mi sa capire guardi la scia
delle mie navi leggere.
Fammi ancora bere al giorno che verrà
e alle carezze passeggere.
Se torno vivo non so
Sono queste le canzoni che in questi giorni accompagnano la mia scrittura.
Nostos (da Marinai, Profeti e Balene, l'ultimo album di Vinicio Capossela)
La canzone di Vinicio (inserita in un album STREPITOSO, visionario, metafisico, biblico, altamente letterario) è incentrata sul concetto di nostalgia.
Nostos in greco significa infatti ritorno... Algos invece significa dolore.
Nè pietà di padre, nè tenerezza di figlio,
nè amore di moglie
Ma misi me per l'alto mare aperto
Oltre il recinto della ragione,
Oltre le colonne che reggono il cielo,
Fino alle isole fortunate, purgatorio
del paradiso
Nostos Nostos
Fino alle terre retro al sol e sanza
gente
Itaca ha dato il viaggio
Le sue ombre di viti nel sole e nel
miraggio
Le abbiamo portate dentro
Come una bussola
Ci ha fatto andare oltre gli incantesimi,
E i Lestrìgoni
Oltre le lusinghe dell'eterna giovinezza
Ma a ritornare ora
La troveremmo vuota di gente e piena
di sonno
Itaca ha dato il viaggio, Itaca ha
dato il viaggio,
L'hai avuta dentro, ma non ci troverai
nessuno
Fatti non foste a viver come bruti,
Ma per seguire virtute e canoscenza
Considerate la vostra semenza,
considerate la vostra semenza,
Nostos nostos, perdere il ritorno
Batti le ali, fare da remi al volo
Ali al folle volo!
Fino alle terre retro al sol sanza
gente
Fino alle terre retro al sol e sanza
gente
Ulisse ( da Fango e Stelle - 1996 - di Enrico Ruggeri)
Il capolavoro "sconosciuto" di Enrico. Una riflessione poetica sulla libertà estrema, sui lacci da sciogliere, sull'incomprensione del "ricercatore di verita" da parte della genete comune "Chi non mi sa capire guardi la scia delle mie navi leggere...Non gridare che non sento!"
Con il passato che ho,
dopo mille battaglie e pericoli,
di niente al mondo mi pento;
nemmeno il vento è più curioso di me.
Dove mi trovo non so,
ma rimane un istante da vivere
per ricordare le porte
di tante case dove aspettano me.
Portami via;
voglia di consumare.Tienimi via.
Chi non mi sa capire guardi la scia
delle mie navi leggere.
Fammi bere al giorno che verrà
e alle carezze passeggere.
Magari un giorno verrò:
rimanere da soli è difficile.
Ma l'abitudine a correre è troppo forte;
è più veloce di me
e non si può combattere.
Andiamo incontro all'avventura
con le vele al vento;
non è rimpianto né paura ciò che sento.
Non c'è montagna né frontiera
che potrà fermare
chi corre incontro al mondo
e il mondo sa guardare.
Sono già via;
scrivo da questo mare.Sono già via.
Non si farà legare l'anima mia,
fatta di roccia più dura,
perché l'anima è un concetto senza età,
senza famiglia né bandiera.
Faremo un salto dentro al buio;
non avremo pace
perché nel centro dell'ignoto c'è una luce.
Se il cuore nasce marinaio
non potrai averlo,
perché non basta un altro cuore per tenerlo.
Portami via;
voglia di consumare.Lascia che sia.
Chi non mi sa capire guardi la scia
delle mie navi leggere.
Fammi ancora bere al giorno che verrà
e alle carezze passeggere.
Sono già via;
scrivo da questo mare.Sono già via.
Non posso scegliere una vita non mia:
sono di roccia più dura.
Non gridare che non sento.
Magari un giorno verrò:
rimanere da soli è difficile.
Ma l'abitudine a correre è troppo forte:
è come un fulmine.
Portami via;
voglia di consumare.Lascia che sia.
Chi non mi sa capire guardi la scia
delle mie navi leggere.
Fammi ancora bere al giorno che verrà
e alle carezze passeggere.
Se torno vivo non so
lunedì 2 maggio 2011
RADICI
(palazzo degli uffici a San Valentino in Abruzzo Citeriore, 1920)
(l'antica locanda di Civago, appennino tosco emiliano, anno 1929)
Non so cosa darei per tornare bambina , per mettermi una mano sulla bocca mentre dicevo ai miei: “Me l’hai già raccontato”, oppure “Le solite storie!”.
Me ne pento, soprattutto pensando a chi non c’è più.
Come mio padre.
Quante volte l’ho interrotto mentre mi raccontava che aveva vissuto a Teramo e a Macerata, nel pellegrinare della sua famiglia per tutta l’Italia, al seguito del padre forestale. O quando mi parlava di quando andava da ragazzo, durante le vacanze estive, al pascolo nelle sue montagne dell’appennino reggiano, assieme ad un cugino che faceva il pastore, come Peter, l’amico di Heidi.
Forse i bambini vivono talmente tanto nel presente che il passato li infastidisce, come qualcosa che li risucchia indietro nella loro corsa verso il futuro.
La nonna poi con la sua parlata abruzzese a volte mi infastidiva persino, anche se non gliel’ho mai fatto capire.
“Qui al Nord” ( sono nata e vivo a Piacenza) negli anni 70/80, per chi era nato qui, insospettiva avere qualche nonno che aveva una parlata un po’ meridionale e ricordo che ero imbarazzata quando qualche compagno di scuola mi diceva “Ma i tuoi nonni sono meridionali, ma come parlano?”
Nessuna cattiveria, solo problemi di integrazione che adesso viviamo in chiave multietnica e che una volta si vivevano anche tra italiani.
Mia nonna infatti mi ha sempre detto con orgoglio “Non siamo meridionali, ma centrali. L’Abruzzo è nell’Italia centrale e Pescara è a nord di Roma”.
Del mio cognome poi non ne parliamo. Anche se è quello di cui so di più… Mio prozio Alberto appassionato di araldica inondava tutti i parenti, sparsi per l’Italia, di notizie risalenti persino alle crociate. Ma non ho mai ricostruito bene cosa successe ai miei bisnonni morti nei bombardamenti di Monte Cassino… Purtoppo, in questo caso, chi poteva me ne ha parlato poco. E abbiamo avuto pochissime occasioni di confrontarci.
In ogni caso tutti questi racconti erano pieni di eventi tristi: bombe, rifugi, morti, fughe.
Argomenti che mi sembravano irreali, troppo lontani dalla mia eternità di bambina.
E ora? Ora che mi mancano tutti testimoni tranne mia madre, preziosa custode della memoria, mi dibatto alla ricerca di informazioni, riferimenti, storie alla ricerca di non so nemmeno io che cosa.
Mi è quasi venuta una febbre. Un desiderio atroce di costruzione di identità.
Che poi a far partecipi gli altri delle mie ricerche, a volte mi sembra di essere come quelli che tornano a casa dalle vacanze con i loro filmini.
Che tutti fingono di apprezzare ( ah, che carina la piccola Carolina con i braccioli in piscina) e dentro di sé li maledicono e non vedono l’ora che finisca lo strazio.
Come facevo io da bambina quando tentavano di raccontarmi le antiche storie.
E’ quando non vediamo più il futuro che ci rifugiamo nel passato?
O quando non siamo più in grado di evolvere?
Come i pittori manieristi che imitavano Michelangelo perché non avevano più nulla da dire?
O è soltanto perché, come tanti della mia generazione, vivo con problematicità il mio presente sociale, politico, lavorativo, affettivo.
E mi sento, in fondo, sradicata.
E la mia città …dove sono nata” E dove abito, in cui però mi sento quasi sempre solo un’ospite. Un’ospite graditissima, ultimamente. Vezzeggiata. Dove però non sento la voce del sangue e dove mi sembra di essere appoggiata come un mazzo di fiori recisi.
Che aspettano un terreno dove attecchire prima di appassire.
Questa immagine di me mi piace e quindi mi fermo qui ;)
Per non farmi maledire, come quelli dei filmini.
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