sabato 22 ottobre 2011
Racconti nell@ rete - LuccAutori 2011
Domenica scorsa.il 16 ottobre sono stata premiata a Lucca, nella sala Mario Tobino del Palazzo Ducale per Racconti nella rete".
Si tratta di un concorso ormai decennale e prestigioso il cui premio principale è l'inserimento in un'antologia edita dalla casa editrice Nottetempo.
dal sito www.raccontinellarete.it
Il festival letterario è organizzato dall’associazione culturale LuccAutori con il patrocinio del Ministero per i Beni Culturali, della Regione Toscana e APT Lucca e con il sostegno della Provincia e del Comune di Lucca. E’ in programma a Villa Bottini e a Palazzo Ducale dal 13 al 16 ottobre. Numerosi gli incontri con i big della letteratura aperti al pubblico e al mattino agli studenti delle scuole lucchesi, anche quest’anno in collaborazione con la Fondazione Mario Tobino ed inseriti nelle “Occasioni Tobiniane”.
La diciassettesima edizione di LuccAutori è dedicata al 150^ anniversario dell’Unità d’Italia. Per ricordare l’avvenimento sarà proposta presso la biblioteca civica Agorà la mostra “Scrittori & Artisti d’Italia”. L’inaugurazione avverrà sabato 1 ottobre alle ore 17 (seguirà buffet offerto da Invidia Cafè). La mostra rimarrà aperta fino al 12 ottobre.
Il manifesto 2011 della mostra e di LuccAutori vede riprodotte due diverse opere del disegnatore e umorista Lido Contemori. Tra gli ospiti di questa edizione di LuccAutori il prof. Stefano Zecchi – per un incontro organizzato con il “Rotary Club di Lucca” ed il premio Acqui Storia in programma giovedi 13 ottobre – Paolo Febbraro ed Ennio Cavalli – per gli incontri con gli studenti a Villa Bottini in collaborazione con la Fondazione Mario Tobino – Silvio Muccino, Carla Vangelista, Antonio Casanova, Edoardo De Angelis, Gianna Martorella, Niki Giustini, Graziano Salvadori, il direttore di Rai Nuovi Media Piero Gaffuri, Chiara Lico del Tg2, e tanti altri.
Il premio letterario Racconti nella Rete, organizzato da dieci anni con grande successo sul sito www.raccontinellarete.it, vede la pubblicazione dei vincitori in una antologia edita da Nottetempo, curata da Demetrio Brandi . I venticinque autori italiani saranno presentati e premiati durante la manifestazione LuccAutori.
Tra gli eventi di questa edizione è prevista l’assegnazione del Premio “Racconti per Corti”. Realizzeremo a Lucca il cortometraggio del vincitore in collaborazione con la Scuola di Cinema Immagina ed i siti Mymovies e Sceneggiatori. Corto che verrà presentato in anteprima presso la sala Tobino di Palazzo Ducale nell’ambito del programma di LuccAutori.
A lato nella home page il programma giorno per giorno.
Negli anni scorsi agli incontri letterari sono intervenuti , tra gli altri, Dacia Maraini, Lidia Ravera, Piero Badaloni, Sergio Zavoli, Alda Merini, Alain Elkann, Maurizio Maggiani, Pino Caruso, Ennio Cavalli, Barbara Alberti, Arrigo Petacco, Irene Pivetti, Vittorino Andreoli, Francesco Alberoni , Italo Moretti, Susanna Schimperna, Oliviero Beha, Bruno Lauzi, Antonio Caprarica, Amedeo Minghi, Enrico Vaime, Gianluca Grignani, Sveva Casati Modignani, Giordano Bruno Guerri, Ugo Gregoretti
ecco lo speciale di raitre andato in onda il 28 ottobre
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-9d614365-5c27-49f1-bdef-2a4b28403d43.html
Video Rai.TV - Rai Parlamento - 10' di... del giorno 28/10/2011
mercoledì 12 ottobre 2011
AGOSTINO DAMIANI, VOLATORE ( 1935 - 2011)
La notte scorsa ci ha lasciato Agostino, il decano dei Volatori Rapidi.
Era una roccia. Una grande penna, ironica, dissacrante, popolana e colta allo stesso tempo.
Il cantore di un'Emilia antica, non quella in doppiopetto, ma quella dei rioni popolari.
Un grande contastorie, come amava definirsi. Uno da schitarrate e non da violini
Uno che sapeva raccontare la guerra sia dalla parte dei vincitori che dei vinti. E sempre con umanità.
Il simbolo di un'Italia pultia, onesta, semplice e sincera che forse non c'è più
Per noi Volatori era soprattutto un amico e pensare di continuare senza di lui è triste e quasi inverosimile.
Agostino, stai volando più in alto di noi.
Ci mancherai tanto.
""Sono un “contastorie”, racconto vicende di altri: “fatti”, per lo più.
Sentimenti grandi e profondi (odio o amore sempiterni, ad esempio) non fanno per me, sono un superficiale; c'è poco da scavare in me, meglio non farlo, c'è il rischio ...di non trovarci niente.
Attorno ai personaggi dei miei racconti non aleggiano musiche
immortali, al massimo ci potrebbero stare le note di una canzonaccia o lo strimpellìo di una chitarra.
È il mio lettore che insiste ad attribuire reconditi e nascosti significati
alle mie chiacchierate... sono solo un “figlio di buona donna” che lo
imbroglia portandolo per mano dove voglio io, ma che poi si fa perdonare lasciandolo libero di scorrazzare come vuole lui."
(Agostino Damiani)
Era una roccia. Una grande penna, ironica, dissacrante, popolana e colta allo stesso tempo.
Il cantore di un'Emilia antica, non quella in doppiopetto, ma quella dei rioni popolari.
Un grande contastorie, come amava definirsi. Uno da schitarrate e non da violini
Uno che sapeva raccontare la guerra sia dalla parte dei vincitori che dei vinti. E sempre con umanità.
Il simbolo di un'Italia pultia, onesta, semplice e sincera che forse non c'è più
Per noi Volatori era soprattutto un amico e pensare di continuare senza di lui è triste e quasi inverosimile.
Agostino, stai volando più in alto di noi.
Ci mancherai tanto.
""Sono un “contastorie”, racconto vicende di altri: “fatti”, per lo più.
Sentimenti grandi e profondi (odio o amore sempiterni, ad esempio) non fanno per me, sono un superficiale; c'è poco da scavare in me, meglio non farlo, c'è il rischio ...di non trovarci niente.
Attorno ai personaggi dei miei racconti non aleggiano musiche
immortali, al massimo ci potrebbero stare le note di una canzonaccia o lo strimpellìo di una chitarra.
È il mio lettore che insiste ad attribuire reconditi e nascosti significati
alle mie chiacchierate... sono solo un “figlio di buona donna” che lo
imbroglia portandolo per mano dove voglio io, ma che poi si fa perdonare lasciandolo libero di scorrazzare come vuole lui."
(Agostino Damiani)
MONTEFIORE
Grande successo e teatro affollatissimo per la premiazione del grande premio internazionale Montefiore.
A condurre sul palco il grande Roberto Sarra, con disinvoltura, scioltezza e simpatia.
Roberto ha creato un altro premio di grande valore, con un gran numero di iscritti, quasi 800, rendendo quesrto premio appena nato già uno dei maggiori d'Italia.
E' sorprendente come dal nulla riesca creare kermesse di grande successo e di promozione alla cultura.
Come gli ho detto personalmente, lui è una sorta di Steve Jobs nel campo della promozione della letteratura. un visionario. Un innovatore.
Bei momenti canori e musicali, come sempre e grande spazio agli autori.
Di seguito il bell'articolo di Daniela Quieti ( consulente linguistica del Montefiore) sulla premiazione.
È stato un magico e davvero partecipato pomeriggio quello della cerimonia conclusiva di consegna dei riconoscimenti della I^ edizione del Premio Internazionale Montefiore, che si è svolta domenica 9 u.s. nella splendida scenografia dell’ottocentesco Teatro Malatesta di Montefiore, a Conca, in provincia di Rimini.
Come sempre per gli eventi promossi dall’Associazione Pegasus di Cattolica, presieduta dallo scrittore e saggista Roberto Sarra, tanti illustri rappresentanti del mondo letterario, accolti dal bel discorso del Sindaco dell’incantevole borgo, hanno animato la manifestazione fra suggestive emozioni, sentimenti di solidarietà e pregevoli interventi musicali e canori. Un successo per quanti hanno sostenuto l’iniziativa e lavorato con impegno per la riuscita di essa.
I componenti della Giuria, presieduta dal giornalista Rai Giancarlo Trapanese e formata da note personalità letterarie quali Roberto Sarra, Presidente del Premio, Giusy Cafari Panico, Claudia Contardi, Giancarlo Giuliani, Marina Pratici, Rodolfo Vettorello, e dalle consulenti per le opere in lingua straniera Francesca Pazzaglini e Daniela Quieti, si sono avvicendati sul palco nella consegna dei vari riconoscimenti in momenti artistici intensi che hanno coinvolto calorosamente il pubblico presente. Fra gli altri, sono stati conferiti Premi alla Cultura all'attore dalla bellissima voce Antonio Maria Magro e al poeta morcianese Giuliano Cardellini; il Premio Speciale A.G.E. alla Carriera è stato attribuito ad Annelena Michelazzi Roffi, il Premio Speciale “Dino Pratici” a Bruno Marengo e il Premio Speciale I.P.L.A.C. a Ignazio Gaudiosi. Significativi riconoscimenti per gli abruzzesi Licio Di Biase, Giovanni Damiani, Valentina Palleri, Roberta Di Iorio e Umberto Vicaretti.
Per l’elenco completo dei vincitori: www.premiomontefiore.it/
ecco il video tratto dal telegiornale di Italia7gold
venerdì 7 ottobre 2011
Buon Compleanno Enzo!
Anche quest'anno eccomi qui a ricordare Enzo Baldoni, che avrebbe compiuto proprio oggi 63 anni.
Che dire: era un uomo straordinario. Io gli dedicai una poesia anni fa. Scrissi a sua moglie Giusy, che mi rispose inviandomi un suo scritto bellissimo.
E per una strana combinazione proprio oggi ho ricevuto una comunicazione in merito ad essa.
Enzo, eri una persona straordinaria.
Ti dedico - e so che mi senti - questa canzone che scrisse per te uno dei miei cantautori preferiti, Samuele Bersani:
Occhiali rotti
Ho lasciato la mancia al boia per essere sicuro
che mi staccasse la testa in una volta sola e ti assicuro
non lo pagai sperando di fermarlo
come mai si ritirò è un mistero e il motivo non so spiegarlo
ma so andarmene lontano
se nessuno mi trattiene
e tornarmene a Milano nonostante le catene
Ho lasciato la mancia al boia, sai quanto mi servisse
un orologio Bulova
se il tempo lo scandiva la mia tosse
tanto che poi in cambio ottenni acqua
e un sorriso che pensai
fosse un rischio persino per lui
per capirmi è necessaria la curiosità di Ulisse
di viaggiare in solitaria
vedendo il mondo per esistere…
E chissà che poi non capita che ad uccidermi
sia per caso la pallottola amica di un marine
ma se chi dovrebbe darti aiuto respinge il tuo saluto cosa fai?
bestemmi o preghi il dio del vetro andando marciandietro via dai guai
e vai all’inferno
che la differenza in fondo non ci sta
Ho lasciato la mancia al boia per essere sicuro
che mi staccasse la testa in una volta sola e ti assicuro
non lo pagai sperando di fermarlo
come mai si ritirò è un mistero e il motivo non so spiegarlo
ma nel giro di un minuto dietro a un paio di lenzuola
è sbucato il sostituto
con in mano una pistola
Finalmente un po’ di musica
ma che nostalgia di quando avevo preso la chitarra elettrica e l’ho data via
chissà se gli errori del passato sono ancora adesso in garanzia
e se mi verrà mai perdonato il fatto che io spesso andassi via
un bacio a tutti, quanti sogni belli e quanti brutti
i miei occhiali si son rotti
ma qualcuno un giorno li riparerà…
Finalmente un po’ di musica
ma che nostalgia di quando avevo preso la chitarra elettrica e l’ho data via
chissà se gli errori del passato sono ancora adesso in garanzia
e se mi verrà mai perdonato il fatto che non fossi a casa mia
un bacio a tutti, fate sogni belli e pochi brutti
i miei occhiali si son rotti
ma qualcuno un giorno se li metterà
e a occhi semichiusi
attraverserà posti distrutti
e silenziosi
Che dire: era un uomo straordinario. Io gli dedicai una poesia anni fa. Scrissi a sua moglie Giusy, che mi rispose inviandomi un suo scritto bellissimo.
E per una strana combinazione proprio oggi ho ricevuto una comunicazione in merito ad essa.
Enzo, eri una persona straordinaria.
Ti dedico - e so che mi senti - questa canzone che scrisse per te uno dei miei cantautori preferiti, Samuele Bersani:
Occhiali rotti
Ho lasciato la mancia al boia per essere sicuro
che mi staccasse la testa in una volta sola e ti assicuro
non lo pagai sperando di fermarlo
come mai si ritirò è un mistero e il motivo non so spiegarlo
ma so andarmene lontano
se nessuno mi trattiene
e tornarmene a Milano nonostante le catene
Ho lasciato la mancia al boia, sai quanto mi servisse
un orologio Bulova
se il tempo lo scandiva la mia tosse
tanto che poi in cambio ottenni acqua
e un sorriso che pensai
fosse un rischio persino per lui
per capirmi è necessaria la curiosità di Ulisse
di viaggiare in solitaria
vedendo il mondo per esistere…
E chissà che poi non capita che ad uccidermi
sia per caso la pallottola amica di un marine
ma se chi dovrebbe darti aiuto respinge il tuo saluto cosa fai?
bestemmi o preghi il dio del vetro andando marciandietro via dai guai
e vai all’inferno
che la differenza in fondo non ci sta
Ho lasciato la mancia al boia per essere sicuro
che mi staccasse la testa in una volta sola e ti assicuro
non lo pagai sperando di fermarlo
come mai si ritirò è un mistero e il motivo non so spiegarlo
ma nel giro di un minuto dietro a un paio di lenzuola
è sbucato il sostituto
con in mano una pistola
Finalmente un po’ di musica
ma che nostalgia di quando avevo preso la chitarra elettrica e l’ho data via
chissà se gli errori del passato sono ancora adesso in garanzia
e se mi verrà mai perdonato il fatto che io spesso andassi via
un bacio a tutti, quanti sogni belli e quanti brutti
i miei occhiali si son rotti
ma qualcuno un giorno li riparerà…
Finalmente un po’ di musica
ma che nostalgia di quando avevo preso la chitarra elettrica e l’ho data via
chissà se gli errori del passato sono ancora adesso in garanzia
e se mi verrà mai perdonato il fatto che non fossi a casa mia
un bacio a tutti, fate sogni belli e pochi brutti
i miei occhiali si son rotti
ma qualcuno un giorno se li metterà
e a occhi semichiusi
attraverserà posti distrutti
e silenziosi
mercoledì 5 ottobre 2011
Lettere di uno Zio a sua nipote
Tanti anni fa c'era una bambina inquieta e un po' solitaria (da grande sarebbe rimasta un po' inquieta, un po' solitaria e un po' bambina ma è un'altra storia) che sentiva sempre parlare di un misterioso prozio, che abitava lontano e scriveva poesie.
Non l'aveva mai visto perché era anziano e non poteva fare lunghi viaggi.
O forse era un po' pigro.
Andarlo a trovare sarebbe stato troppo costoso per la sua famiglia, a quell'epoca.
L'unica testimonianza della sua esistenza erano delle strane fotocopie di giornali che mandava a tutti i parenti sparsi per l'Italia che contenevano le sue poesie.
Un altra prova erano i soldini che le mandava per Natale. CInquantamila lire con un vaglia. "Alla cara niporina. Zio Alberto"
Che poi poteva essere anche come la storia di Babbo Natale.
Così a tredici anni un giorno la nipote scrisse allo zio " Caro zio Alberto..." e lui le rispose.
La bambina scriveva anche lei delle poesie, molto infantili, inesperte e si vergognava a fargliele leggere. Ma un giorno non se ne vergogno più e lo zio Alberto gliele mandò corrette!! "Troppi aggettivi, c'è una ripetizione, non andare a capo basta che sia..."
E poi "Togli, togli... più togli meglio è, la poesia è concentrazione, non è un racconto"
Così la bambina cominciò a togliere. Nel frattempo aveva preso confidenza con il misterioso zio Alberto e gli raccontava un sacco di cose.
Forse per rimediare alla poca confidenza che aveva con suo nonno, suo fratello. Reale ma tanto tanto distante.
Passarono gli anni e una volta al mese nella cassetta della posta c'era la lettera dello Zio Alberto. "Ma che cose tristi che scrivi... alla tua eta!"
Lo zio, bisogna dirlo, aveva uno stile un po' ridondante e man mano che la bambina cresceva lo trovava un po' datato, un po' obsoleto. Alla Carducci.
Ma questo faceva pare del suo personaggio.
E poi le sue tragedie la facevano un po' sorridere. In realtà aveva un altro lavoro e scriveva per passione.
"Sagra di sangue" aveva sempre colpito la sua immaginazione. Che buffo suo zio!
Così passionale e pieno di vita a ottant'anni.
Le sue lettere scritte con la sua inconfondibile, brutta calligrafia ( quella geroglifica, quasi incomprensibile, comune a tutti i Cafari Panico, quella che ho anch'io) finché non cominciarono a tremargli le mani e cominciò a usare la macchiana da scrivere Olivetti 22 , quella con cui scriveva le sue poesie.
Aveva un circolo di amici un po' pomposi anche loro. Il suo migliore amico era "Il prof. Vizzaccaro" che gli dedicava prefazioni magniloquenti. "Il Cafari dimostra la sua grande maestria pittorica nel dipingere emozioni indimenticabili ;))" che lui ricambiava con identitica ammirazione.
Finalmente un giorno, dopo quindici anni di corrispondenza andai... oops, l'ex bambina andò a trovarlo nella sua casa del Sud, una casa tipica del Meridione, con quel decoro e quell'accoglienza difficile da descrivere.
Era solo di passaggio e poté incontrarlo per un'ora solamente.
Lo zio Alberto era già malato e aveva già novant'anni. Eppure, come raccontò in seguito la figlia, per accogliere la sua amata nipotina ( di cui conservava tutte le foto, che teneva sul suo scrittoio) si era andato a mettere il vestito "buono", quello gessato. E in giacca l'aveva accolta in casa.
Non si erano mai visti, e lei aveva trent'anni.
Lui la abbracciò appena, un po' schivo. Ma negli occhi aveva un luccicchiò che tratteneva una lacrima. Le fece mangiare due porzioni di pastiera. E parlarono come se avessero proseguito la loro ultima lettera.
Le parlò di storia, di Paestum e dei soldati greci poco virili che spinsero le loro donne ad aprire le porte della città ai Sanniti.
"Quanto assomigli a zia Virginia" le disse. E chiedeva alla moglie e alla figlia, che lo guardavano con benevola sopportazione.
Non è facile vivere con una persona malata di scrittura. Io posso capirlo, perché forse non è facile nemmeno stare con me.
Un'ora insieme. Poi non si videro mai più
Intanto la nipote aveva cominciata a scrivere con un po' più di convinzione e lui mi incoraggiava "Per aspera ad astra" e poi "Esercizio, ci vuole esercizio".
Le lettere con sempre più cancellature bianche, corrette da una grafia sempre più tremule.
"Sto scrivendo il mio nuovo libro, devo rileggerlo per farlo pubblicare. E poi la storia della nostra famiglia, ma non te l'hanno data?" anche a novantadue anni aveva un sacco di progetti.
A diciotto anni mi aveva fatto partecipare al primo premio letterario della mia vita, a Cassino, la sua terra d'origine e avevo vinto il terzo premio. Era molto orgoglioso e aveva avvertito tutti i parenti. Quello che lo guardavano con un po' compatimento, come l'eccentrico della famiglia.
Poi il silenzio. La casella vuota.
La telefonata di sua figlia. Fine.
Mi rimasero tante lettere, tante fotocopie, tante sue cose. Che conservo gelosamente.
Piansi tanto. Gli volevo tanto bene. Più che agli altri parenti di mio padre.
Un uomo che avevo visto solo una volta, per un'ora.
Riporto una delle sue poesie più belle, dedicata alla mia bisnonna, morta sotto le bombe degli Alleati a Ferentino, vicino a Montecassino, durante la famosa battaglia della seconda guerra mondiale.
Mamma
Su negre fosse e intorno ad ogni croce
i crisantemi tornarono a fiorire
mentr'io malato, stanco di soffrire
volevo bruciar la terra e il ciel feroce.
Da quando tace, o mamma, la tua voce
che lacrime e dolor sapea lenire,
non ho più fede e amor mi fa impazzire
il tuo calvario, la tua morte atroce.
A nulla, a nulla vale, ahimé! cercare!
Dove, fra tante ignore e mute tombe,
riposan, mamma, l'ossa tue sì care?
Perché non parli, mamma? Dove giace
il corpo lacerato dalle bombe?
Abbi pieta d'un figlio senza pace.
( Alberto Cafari Panico)
Dopo tanti anni, miracolosamente, l'ex ragazzina ha ritrovato un altro zio.
Uno zio non di sangue ma "di anima".
Sempre lontano, sempre virtuale. Magicamente residente nella stessa zona di suo zio.
Che nutre la sua anima di letture, di articoli di giornale, di poesie, e di lettere, lettere, lettere...
Attento e affettuoso consigliere e un grande amico. Oltre che un grande scrittore e una bella mente, vivace e sensibilissima.
Mi viene quasi da pensare che lo zio Alberto si sia riincarnato o che mi abbia trovato un suo degnissimo sostituto in questa strana avventura che è la vita.
A te, caro mio ricreato zio Alberto, dedico questo post.
So che mi leggi, che mi leggi solo qui. Come le persone che preferisco, forse quelle che mi vogliono più bene.
E ti ringrazio di aver colmato questo mio vuoto.
Seppur da lontano.
Ma le persone che amo di più sono sempre lontane, si sa.
Sia nel tempo che nello spazio. Mai nella mia anima.
Non l'aveva mai visto perché era anziano e non poteva fare lunghi viaggi.
O forse era un po' pigro.
Andarlo a trovare sarebbe stato troppo costoso per la sua famiglia, a quell'epoca.
L'unica testimonianza della sua esistenza erano delle strane fotocopie di giornali che mandava a tutti i parenti sparsi per l'Italia che contenevano le sue poesie.
Un altra prova erano i soldini che le mandava per Natale. CInquantamila lire con un vaglia. "Alla cara niporina. Zio Alberto"
Che poi poteva essere anche come la storia di Babbo Natale.
Così a tredici anni un giorno la nipote scrisse allo zio " Caro zio Alberto..." e lui le rispose.
La bambina scriveva anche lei delle poesie, molto infantili, inesperte e si vergognava a fargliele leggere. Ma un giorno non se ne vergogno più e lo zio Alberto gliele mandò corrette!! "Troppi aggettivi, c'è una ripetizione, non andare a capo basta che sia..."
E poi "Togli, togli... più togli meglio è, la poesia è concentrazione, non è un racconto"
Così la bambina cominciò a togliere. Nel frattempo aveva preso confidenza con il misterioso zio Alberto e gli raccontava un sacco di cose.
Forse per rimediare alla poca confidenza che aveva con suo nonno, suo fratello. Reale ma tanto tanto distante.
Passarono gli anni e una volta al mese nella cassetta della posta c'era la lettera dello Zio Alberto. "Ma che cose tristi che scrivi... alla tua eta!"
Lo zio, bisogna dirlo, aveva uno stile un po' ridondante e man mano che la bambina cresceva lo trovava un po' datato, un po' obsoleto. Alla Carducci.
Ma questo faceva pare del suo personaggio.
E poi le sue tragedie la facevano un po' sorridere. In realtà aveva un altro lavoro e scriveva per passione.
"Sagra di sangue" aveva sempre colpito la sua immaginazione. Che buffo suo zio!
Così passionale e pieno di vita a ottant'anni.
Le sue lettere scritte con la sua inconfondibile, brutta calligrafia ( quella geroglifica, quasi incomprensibile, comune a tutti i Cafari Panico, quella che ho anch'io) finché non cominciarono a tremargli le mani e cominciò a usare la macchiana da scrivere Olivetti 22 , quella con cui scriveva le sue poesie.
Aveva un circolo di amici un po' pomposi anche loro. Il suo migliore amico era "Il prof. Vizzaccaro" che gli dedicava prefazioni magniloquenti. "Il Cafari dimostra la sua grande maestria pittorica nel dipingere emozioni indimenticabili ;))" che lui ricambiava con identitica ammirazione.
Finalmente un giorno, dopo quindici anni di corrispondenza andai... oops, l'ex bambina andò a trovarlo nella sua casa del Sud, una casa tipica del Meridione, con quel decoro e quell'accoglienza difficile da descrivere.
Era solo di passaggio e poté incontrarlo per un'ora solamente.
Lo zio Alberto era già malato e aveva già novant'anni. Eppure, come raccontò in seguito la figlia, per accogliere la sua amata nipotina ( di cui conservava tutte le foto, che teneva sul suo scrittoio) si era andato a mettere il vestito "buono", quello gessato. E in giacca l'aveva accolta in casa.
Non si erano mai visti, e lei aveva trent'anni.
Lui la abbracciò appena, un po' schivo. Ma negli occhi aveva un luccicchiò che tratteneva una lacrima. Le fece mangiare due porzioni di pastiera. E parlarono come se avessero proseguito la loro ultima lettera.
Le parlò di storia, di Paestum e dei soldati greci poco virili che spinsero le loro donne ad aprire le porte della città ai Sanniti.
"Quanto assomigli a zia Virginia" le disse. E chiedeva alla moglie e alla figlia, che lo guardavano con benevola sopportazione.
Non è facile vivere con una persona malata di scrittura. Io posso capirlo, perché forse non è facile nemmeno stare con me.
Un'ora insieme. Poi non si videro mai più
Intanto la nipote aveva cominciata a scrivere con un po' più di convinzione e lui mi incoraggiava "Per aspera ad astra" e poi "Esercizio, ci vuole esercizio".
Le lettere con sempre più cancellature bianche, corrette da una grafia sempre più tremule.
"Sto scrivendo il mio nuovo libro, devo rileggerlo per farlo pubblicare. E poi la storia della nostra famiglia, ma non te l'hanno data?" anche a novantadue anni aveva un sacco di progetti.
A diciotto anni mi aveva fatto partecipare al primo premio letterario della mia vita, a Cassino, la sua terra d'origine e avevo vinto il terzo premio. Era molto orgoglioso e aveva avvertito tutti i parenti. Quello che lo guardavano con un po' compatimento, come l'eccentrico della famiglia.
Poi il silenzio. La casella vuota.
La telefonata di sua figlia. Fine.
Mi rimasero tante lettere, tante fotocopie, tante sue cose. Che conservo gelosamente.
Piansi tanto. Gli volevo tanto bene. Più che agli altri parenti di mio padre.
Un uomo che avevo visto solo una volta, per un'ora.
Riporto una delle sue poesie più belle, dedicata alla mia bisnonna, morta sotto le bombe degli Alleati a Ferentino, vicino a Montecassino, durante la famosa battaglia della seconda guerra mondiale.
Mamma
Su negre fosse e intorno ad ogni croce
i crisantemi tornarono a fiorire
mentr'io malato, stanco di soffrire
volevo bruciar la terra e il ciel feroce.
Da quando tace, o mamma, la tua voce
che lacrime e dolor sapea lenire,
non ho più fede e amor mi fa impazzire
il tuo calvario, la tua morte atroce.
A nulla, a nulla vale, ahimé! cercare!
Dove, fra tante ignore e mute tombe,
riposan, mamma, l'ossa tue sì care?
Perché non parli, mamma? Dove giace
il corpo lacerato dalle bombe?
Abbi pieta d'un figlio senza pace.
( Alberto Cafari Panico)
Dopo tanti anni, miracolosamente, l'ex ragazzina ha ritrovato un altro zio.
Uno zio non di sangue ma "di anima".
Sempre lontano, sempre virtuale. Magicamente residente nella stessa zona di suo zio.
Che nutre la sua anima di letture, di articoli di giornale, di poesie, e di lettere, lettere, lettere...
Attento e affettuoso consigliere e un grande amico. Oltre che un grande scrittore e una bella mente, vivace e sensibilissima.
Mi viene quasi da pensare che lo zio Alberto si sia riincarnato o che mi abbia trovato un suo degnissimo sostituto in questa strana avventura che è la vita.
A te, caro mio ricreato zio Alberto, dedico questo post.
So che mi leggi, che mi leggi solo qui. Come le persone che preferisco, forse quelle che mi vogliono più bene.
E ti ringrazio di aver colmato questo mio vuoto.
Seppur da lontano.
Ma le persone che amo di più sono sempre lontane, si sa.
Sia nel tempo che nello spazio. Mai nella mia anima.
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