domenica 26 agosto 2012

Going home



Non so se dire se sono tornata a casa ( da tanti giorni ormai), o torno da casa.
Forse è più esatto il contrario.
Ortona è una città che mi è entrata dentro. O forse sono nata con questo seme incorporato.
Non è l'unico: sento lo stesso struggimento per altri luoghi, tutti lontani.
Troppo.
Non lontanissimi, ma tanto da non poterli raggiungere in giornata.
Tanto da sentirne la mancanza. Sempre.
Anche di Altrove e di chi ci abita.
Anzi, questo mi accade anche di più. In modo quasi doloroso.

Qui ci abito e basta. Per adesso.

Quest'anno è stato speciale nel mio Abruzzo marino. Ho camminato tante volte per le strade di Ortona.
Di mattina. Di pomeriggio. Di sera. Di notte.
Ogni volta provando la stessa sensazione. Non saprei descriverla esattamente.
E' come un languore, un senso di ineluttabilità, un imperativo a rimanere fermi che tanto a cosa serve correre, affannarsi? La vita è come viene, amara, dolce, piccante, sciapita...
Perché ribellarsi alla corrente? Già... perché...

Cent'anni fa Ortona era la città più importante dell'Abruzzo assieme a L'Aquila e Chieti.
I suoi abitanti non sono mai aumentati: sono rimasti sempre gli stessi, mentre il piccolo borgo di pescatori di Pescara diventava "la piccola Milano del Centro Sud" e le altre cittadine vicine, un tempo vassalle, come Francavilla o Vasto, si ingrandivano, cementificandosi.
Ortona no.
Dopo lo sfacelo della guerra mondiale, in cui fu definita la Stalingrado d'Italia, è rimasta uguale.
Purtoppo per tanti.
Per me per fortuna. Lo dico forse egoisticamente.

Adoro le vecchie case che non sono state minate nello scontro tra tedeschi e canadesi.
Sopravvissute a un inferno che nessuno immagina.
Adoro le loro crepe, e l'architettura sobria, così lontana da quello che ci si aspetta di trovare sul mare Adriatico meridionale.
Sento le suggestioni di un'antica elegante austerità e di uno spirito da repubblica marinara.

Ma quello che mi piace di più è l'aspetto popolaresco di alcuni rioni del centro, con le stradine che sembrano carruggi e i panni lindi appesi alle finestre.
Mi fanno pensare al carattere di questa gente silenziosa e piena di dignità.
Sono tutti così: li guardi negli occhi e loro sembrano lontano, chissà dove. Altrove pure loro. Come me.

Hanno tutti un retrogusto di malinconia e di accettazione del Fato che attrae irresistibilmente.
Attrae anche nelle strade trascurate, in mezzo ai mostruosi edifici anni settanta costruiti al posto delle gloriose case dei pescatori.
Non so, è come se una volta arrivati non si volesse più lasciarli soli, gli ortonesi, anche se loro sembrano rifuggire tutti i palcoscenici, nonostante siano così ritrosi.

Non pubblicizzano nulla: non mettono in mostra il loro San Tommaso Apostolo, che nessuno o quasi sa che è sepolto proprio nel duomo, il loro splendido Castello Aragonese e il Palazzo Farnese e il Porto da cui si inbarcò Vittorio Emanuele II e il cimitero Canadese e i grandi artisti che vi sono nati come i Cascella...
Tutti rimangono sorpresi quando arrivano e scoprono tante cose. "Ma perché le tenete nascoste?"
E loro scuotono la testa, sorridendo irridenti.

Sulla magnifica passeggiata Orientale, in cui anche in pieno sole ci si sente sempre al tramonto, ampia e splendente, si avverte una stretta al cuore che fa salire le lacrime agli occhi, mentre il faro del porto lampeggia anche di giorno.

E pare che sia una fiaccola votiva che ricorda agli spiriti di tutti quelli che andarono per mare, per lavoro, per guerra, per emigrazione, che devono tutti ritornare a Ortona.
Going home.

Io non so dove sia l'anima di mio nonno Giuseppe, ma la sento qui.

E la rivedo negli sguardi dei miei nuovi cugini, nel loro spirito mordace, nella loro timida ardita simpatia.
Non si riesce a salutare nessuno di loro senza che ti si inumidiscano gli occhi.

Ciao Abruzzo, caldo e gentile... qui c'è sempre freddo, anche se è estate, sai? E ci si sente soli. Come me ora. E chissenefrega per chi "quassù" si offende... è il mio blog, no?

1 commento:

  1. Ascoltare le voci dal silenzio è il complicato e affascinante compito che la Poesia affida alle Sue anime elette.
    Non è cosi?
    O.K.

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