Il
realismo terminale è forse l'unica corrente poetica innovativa di
questo millennio e ad averla ideta, nella sua apparente semplicità,
è un poeta di fisionomia antica che porta una barba bianca di stampo
carducciano e due occhi di un azzurro quasi ingenuo, di chi ha visto
tanto ma che non ha perso il gusto della sorpresa di vivere.
Questa
curiosità che trapela dall'interesse che Guido
Oldani dimostra nei riguardi di qualsiasi
interlocutore, lo rende persona affabile ma anche affabulatore
delicato e affascinante poiché è inevitabile ricambiare
l'attenzione che ti rivolge e non essere colpiti dal suo linguaggio
con cui ti pennelli in pochi tratti, intuendo gli altri come pochi.
Guido
un giorno, a New York, mentre tiene una conferenza alla Columbia
University, apprende casualmente una notizia e si ammutolisce: per
la prima volta nella storia dell'umanità gli abitanti delle città
hanno superato quelli delle altre zone del globo terrestre.
Nel
2050 sarà cittadino il 66% del genere umano, secondo il rapporto
World Urbanization Trends dell’Onu.
Visionario
qual è Guido vede le conseguenze di questa notizia: un accatastarsi
di persone in un piccolo spazio. Di esseri umani circondati da quelli
che ormai sono dei prolungamenti di sé: gli oggetti. E
la sua vita e la sua poetica cambiano e diventano le più innovative
forse del secolo.
Sugli
oggetti, sulle “cose”, Guido punta la sua lente di intellettuale
e di poeta. Siamo carichi, sovraccarichi di oggetti. Anche io, mentre
vi scrivo, sto battendo sulla tastiera del mio computer, ho alla mia
sinistra il mio inseparabile smartphone, alla mia destra il
telecomando n. 1 del televisore, il n.2 del digitale terrestre, il n.
3 di Sky, il n.4 del lettore Dvd. Davanti al portatile ho il mio
telecomando n. 5, quello dell'aria condizionata, perché c'è un
caldo boia. Ho in testa un mollettone per capelli, accanto un
bicchiere e una bottiglia di plastica, Potrei continuare, ma
sarebbe noioso.
E
poi questa descrizione sarebbe troppo carica di giga, il vostro
download mentale sarebbe troppo lungo.
Ooops
ho appena fatto una similitudine rovesciata! E' un'altra delle
scoperte di Oldani. Ormai gli oggetti hanno preso il sopravvento
sulla natura e a differenza di Leopardi o Petrarca non paragoniamo
più azioni e sentimenti alla natura ma direttamente agli oggetti,
specialmente quelli più moderni.
Così
l'amore è “come una camera a gas” per la Nannini, e tu sei “come
la mia moto” per Jovanotti.
Siamo
lontanissimi dalla natura e anche il linguaggio poetico e
drammaturgico non può no tenerne conto.
Il
nostro seminario, con la supervisione di Oldani, è un avvicinarsi
alla poetica del XXI millennio, un aprire gli occhi sulla realtà e
trarne una “ratio” estremamente lucida e immaginifica. Il
percorso del drammaturgo e dell'attore non è mai distante dalla
realtà dei suoi giorni, ma profondamente calato, per definirne
l'essenza.
L'attore
che si avvicina al realismo terminale impara a rapportarsi con gli
oggetti in scena, nella dialettica teatrale, arricchendosi di nuovi
linguaggi, creando nuovi percorsi interpretativi e di comprensione di
nuove drammaturgie, in un teatro non statico ma che si plasma nel
correre fluido dei nostri anni. Non si può più prescindere dallo
zapping emozionale che nasce dalla compulsione fisica dei pollici su
what's up o su facebook, dall'accatastarsi di emozioni concrete
legate alla concretezza degli oggetti che ci sovrastano.
La
sfida è riprodurre questo mondo, il nostro mondo, con l'unico
linguaggio con cui forse è possibile farlo, “da dentro” in scena
e fuori.
La
nostra locandina si ispira a Odissea nello Spazio, con il telefonino
al posto del monolite. Sperando che vi siate connessi, vi aspettiamo
nel nostro spazio (non virtuale) per accatastarci assieme in una
nuova esperienza di teatro e letteratura all'Actis!
e grazie all'amica e compagna di voli letterari Luisella Pacco, scrittrice, critica letteraria, blogger, per la pubblicità e le bellissime parole sul suo spazio virtuale!!
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