sabato 16 ottobre 2010

Civago




Mancavo da Civago, il paese di mia nonna Angelica Fioravanti dal 1988.
Ero poco più di una ragazzina ed ero con mio padre, che sarebbe morto nel 1990, dopo un anno e mezzo. Ero nel bel mezzo del periodo peggiore della mia vita e ho anche un vago ricordo dell'ultima visita.
Era appena morta la mia amatissima nonna materna, Ada, a cui sto dedicando il romanzo che sto scrivendo. Ero confusa, non vedevo nulla...
Così per arrivare agli ultimi ricordi certi devo andare ancora più indietro, al 1986
Una vita.
Per essere onesta per tanto tempo ho sempre avuto un rapporto di amore/odio per questo paese...
Mi sentivo molto sola: non avevo cugini della mia età, erano tutti più grandi, salvo mio cugino toscano Saverio, che poi da ragazzino, giustamente, mi aveva scaricato perché a quell'età i maschietti vedono le femmine come il fumo negli occhi.
Passavo il tempo a leggere i giornalini della Marvel che mi passava mio cugino Franchino ( che però aveva dieci anni più di me e stava con i suoi coetanei) e le favole che trovavo nella stanzina segreta della casa della Sita, la postina del paese, dove i miei prendevano in affitto una casa per un mese, in genere luglio.
Capitan America e Thor erano i miei preferiti... proprio a me che non piacciono i biondi, ma leggevo tutto: l'Uomo Ragno, i Fantastici Quattro, Iron Man, l'Uomo di Atlantide, Phantom, Devil... tutti tutti.
E le bellissime favole che ho scoperto appartenere a Valerio Fioravanti, il figlio della padrona di casa, che praticamente non conoscevo, anche lui troppo grande... e che ho ritrovato casualmente su facebook poco tempo fa.
Mi dispiace non aver avuto il tempo di passare a salutarlo quando sono tornata, ma lo farò la prossima volta.

Sì, perché sono tornata... con una persona molto speciale che ha condiviso la mia emozione nel ripercorrere le strade che ho fatto tante volte da bambina e da ragazzina...
Tutte le fontane della discesa... quella della piazza dove una volta un dobermann lasciato libero mi aveva spaventato.
E quella chiesa che avevo ritratto con i pastelli ad olio a scuola, a dieci anni.


Eccola qui... nel luogo dove ormai conservo memorie care, che sfugge ai virus che mi stanno infestando i computer, che so frequentato da persone carissime.
Ancora più care di quelle che mi leggono su facebook, quando le due cose non coincidono.

Così ho scoperto che dovevo riconciliarmi con questa parte di passato che avevo rimosso, come mi capita sovente, in questo anno importantissimo di riscoperta delle mie radici. E queste per tanto tempo sono state le più neglette.

Non ero più tornata perché senza mio padre, che amava tanto il luogo da definirsi con tutti civaghino, non mi sembrava avesse più senso.

Poi proprio io che quando ci stavo quaranta giorni scrivevo disperata alle mie amiche della città: - Arrivo.. manca poco. Meno dieci!"

In realtà quel posto mi apparteneva, c'è sangue. E' l'unico luogo delle mie radici che abbia VERAMENTE frequentato. C'è parte di me, una parte che forse non conosco ancora bene...
La montanara che non sono e che forse non sarò mai... ma sì... qualcosa c'è.

Non è un caso se i miei migliori amici, forse le persone a cui voglio più bene vivano tutte in montagna...

Nel viaggio tra i faggeti, nelle nebbie, tornava la mia infanzia e voci dimenticate... profumi e luci che hanno colorato la mia vita.
E poi qualche volta sono stata anche felice... come quando ho disceso l'Abetina reale con un kway sotto il sedere a mo' di slitta, o quando cercavo con mio padre i vermicelli per pescare nel Dolo.

Forse stare tanto da sola, là, mi ha aiutato ad essere più introspettiva.
Ma ora basta, ho scritto fin troppo, tutto il resto rimane dentro il mio cuore...
E tutto quello che qui non si vede è ciò che mi è più caro...ciò che è scolpito nella mia anima e nel mio cuore.



Tornerò, giuro. Con chi mi ci riporterà.

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